“Perché. La logica nascosta delle nostre motivazioni” | RecensioneTempo di lettura stimato: 9 min

di Roberta De Cicco

Secondo Dan Ariely, per chi non lo conoscesse professore di psicologia ed economia comportamentale presso la Duke University, siamo tutti gli amministratori delegati delle nostre vite e, qualunque sia il nostro lavoro, siamo tutti motivatori part-time.

Se possiamo facilmente farci un’idea dei compiti che un amministratore svolge in azienda, cosa sappiamo della motivazione?

Ahinoi, ancora ben poco.

Ma fortunatamente viene in nostro soccorso Dan Ariely, con uno dei suoi ultimi lavori intitolato Perché. La logica nascosta delle nostre motivazioniin inglese “Payoff: The Hidden Logic That Shapes Our Motivations” di cui illustreremo i punti più salienti (o per lo meno quelli che ci hanno più colpito) nelle prossime righe.

Citando l’autore, il libro mira ad “esplorare la giungla dell’autentica natura della motivazione, così come la nostra insensibilità alla sua stranezza e complessità” (p.10).

Ma che cos’è esattamente la motivazione?


L’autore, nelle prime pagine del testo, suggerisce la definizione nuda e cruda – così come riportata sul dizionario online Merriam-Webster: “l’atto o il processo di fornire a qualcuno una ragione per fare qualcosa” e anche “la condizione dell’essere desiderosi di agire o lavorare”.

Ariely però supera la mera definizione “scolastica” di motivazione per illustrarci già da subito qual è il vero cuore, il centro nevralgico della motivazione: il significato. Concetto sfuggente, la cui qualità essenziale ha a che fare con l’avere un senso di finalità, valore e impatto, in poche parole di essere coinvolti in qualcosa più grande di sé.

Secondo Ariely, tutti noi conosciamo persone che riescono ad attribuire un significato anche a lavori o circostanze spiacevoli. Pensate a coloro che trascorrono anni della propria vita lavorando in aree pericolose e devastate dalla guerra, o a chi porta conforto negli ultimi istanti di vita di persone malate, ai volontari che rimuovono fango, materiali tossici, insomma “roba appiccicosa e puzzolente” dai volatili impegnati di petrolio a causa di un versamento.
Ecco, queste persone possono arrivare a provare dolore per la causa che stanno portando avanti, ma la percezione di fare qualcosa di davvero si-gni-fi-ca-ti-vo è sostanziale: dimostrano quanto il radicato bisogno di credere che le nostre esistenze abbiano uno scopo oltre la nostra vita ci porti a lavorare di più e più duramente, fino al punto di arrivare a soffrire personalmente per ricavare un significato maggiore.

Se negli esempi citati l’aiutare chi è in difficoltà è l’elemento significativo, la motivazione va ben oltre l’aiutare chi ha bisogno. Ci motiviamo e abbiamo bisogno di significato in ogni aspetto della nosta vita, sia nelle relazioni personali che nelle attività individuali o nel contesto lavorativo.

Non c’è modo migliore per comprendere il fenomeno che grazie a dei case study, e Dan, che lo sa bene, riporta una serie di esempi in cui la motivazione e quindi il significato sono venuti a mancare. Il primo caso riguarda un fatto realmente accaduto in azienda, il secondo caso invece un’esperimento somministrato ad hoc per una ricerca.

Partiamo da quest’ultimo.

Ai partecipanti alla ricerca, divisi in due gruppi distinti, è stato chiesto di costuire alcuni Lego Bionicle, potenti creature che possono essere assemblate in maniera creativa (come quelle in foto).

Esempi ben riusciti di Lego Bionicle di Kopaka e Melum versioni powered up

Ad entrambi i gruppi è stata offerta la stessa somma di denaro (decrescente) per la costruzione dei singoli lego (1,78$ per il primo, 1,67$ per il secondo e via via sempre meno). Ai partecipanti del primo gruppo veniva detto che, al termine di ogni costruzione, ciascun bionicle sarebber stato successivamente riposto nella scatola e usato gli stessi pezzi scomposti per il partecipante successivo; mentre ai partecipanti del secondo gruppo è stato detto che una volta terminato ciascun bionicle, mentre avrebbero lavorato al successivo, il bionicle appena terminato sarebbe stato smontato proprio davanti ai loro occhi.

Secondo voi chi ha costruito più bionicle?

Ebbene i partecipanti al secondo gruppo, denominati “gruppo di Sisifo” hanno costruito in media 7 bionicle, 4 volte in meno rispetto ai partecipanti del primo gruppo, definito “condizione significativa”.

Un altro dato molto interessante è quello per cui, sebbene ci fossero degli appassionati di Lego Bionicle sia nel primo che nel secondo gruppo, nella condizione “di Sisifo”, coloro che non erano appassionati di Bionicle ne hanno creati tanti quanti gli appassionati. L’aver distrutto i Bionicle appena costruiti proprio davanti i loro occhi, ha portato perfino gli amanti di questi Lego a non godere dell’attività svolta, ad annoiarsi e a non percepire la gioia e il divertimento che in situazioni normali avrebbero percepito.

Che ne pensate? Vi sentireste anche voi demotivati nei panni del gruppo di Sisifo?

Se questo esempio non fosse stato sufficientemente esplicativo, sono sicura che con il secondo non avrete grosse difficoltà ad empatizzare con la demotivazione dei protagonisti.

L’autore racconta di una sua visita presso una importante azienda di software statunitense in cui ha tenuto un seminario sul processo decisionale. Durante il seminario Dan ha riportato i risultati del suo esperimento sulla motivazione e i Lego di cui abbiamo già parlato e gli ingegneri, che stavano letteralmente pendendo dalle sue labbra, hanno ammesso di sentirsi in quel momento proprio come i partecipanti del gruppo Sisifo.

Non molto tempo prima era stato chiesto loro di creare un software super innovativo che avrebbe dovuto segnare il futuro dell’azienda. Gli ingegneri si erano buttati nella sfida con tanto entusiasmo, lavorando ogni giorno fino a tardi e anche i weekend. Erano tutti molto orgogliosi del lavoro svolto, tuttavia proprio la settimana precedente, l’amministratore delegato dell’azienda aveva comunicato loro che il progetto sarebbe stato cancellato e che sarebbero stati assegnati a nuovi progetti, depauperando il lavoro svolto di tutto il suo significato e provocando negli ingegneri una netta delusione.

Riuscite a immedesimarvi negli ingegneri? Provate anche voi dispiacere per la delusione e il tanto impegno buttato al vento?

Quelli proposti dall’autore sono esempi molto calzanti che ci permettono di capire cosa non fare per demotivare le persone, ovvero demolire il loro lavoro e non riconoscere i loro sforzi.

Cosa fare per motivare le persone? Incentivi come bonus annuali oppure occasionali possono funzionare?

Anche in questo caso l’autore riporta i risultati di una ricerca effettuata con il suo team presso la Intel nella quale sono stati confrontati per vari giorni gli effetti di tre diverse tipologie di ricompensa (bonus monetario, coupon per pizza ed elogio) assieme ovviamente alla condizione di controllo. 

I risultati dell prima giornata di sperimentazioni dimostrarono che in linea con quanto ci si aspettava, il denaro, la pizza e l’elogio avevano tutti dato risultati migliori della condizione di controllo. Ma ecco la sorpresa: il coupon per la pizza incrementava la produttività del 6,7%, quasi a pari merito con il 6,6% di incremento ottenuto dal riconoscimento scritto. Dei tre incentivi, il denaro aveva la resa peggiore, con il 4,9% di incremento in produttività.

Cosa è successo nei giorni successivi?

Il secondo giorno del ciclo lavorativo le persone nella condizione di bonus monetario resero il 13,2% in meno di quelle nella condizione di controllo e, il terzo giorno, gli individui che avevano ricevuto il bonus monetario diminuirono la propria prestazione del 6,2%. Al quarto giorno la produzione rientrò negli standard.

Nel complesso pertanto l’offerta del bonus monetario ha avuto come risultato un calo del 6,5% delle prestazioni rispetto alla condizione senza incentivi. E l’elogio e la pizza? L’effetto positivo dell’elogio andò via via scemando nei giorni successivi, mentre il coupon  per la pizza si attestò in una posizione mediana tra il bonus monetario e l’elogio. L’insegnamento più prezioso dell’esperimento, come sottolineato dall’autore stesso, è che tipi diversi di motivazione non si sommano in modo semplice e che il ricorso a bonus in denaro può addirittura provocare un effetto boomerang e rendere le persone meno motivate, dimostrando quanto nel lavoro ci sia molto di più rispetto alla semplice opportunità di incrementare il proprio guadagno.

Photo by Magnet.me on Unsplash

È importante per chi i manager in azienda prendano in considerazione non solo l’effetto diretto dei diversi incentivi, ma anche i loro esiti differiti e durevoli. Devono essere tante e diverse le opportunità che possano creano significato e legame per i dipendenti e far sì che questi si impegnino di più. Non bisogna cadere in errore ed enfatizzare eccessivamente la dimensione economica, numerica, chè è sì in parte più facile da misurare, ma che riduce il lavoro a qualcosa di semplicistico rendendo difficile per la motivazione trovare terreno fertile.

Occorre ampliare il campo di azione ed esaminare altre forze motivazionali, quelle che hanno maggior probabilità di arricchire il lavoro di significato e legame.  


Coinvolgere le persone a interessarsi al proprio lavoro sinceramente, attribuendogli un significato, un legame, un investimento personale può creare benefici sostanziali tanto per i dipendenti quanto per i datori di lavoro.

In sostanza, citando le parole del libro “la motivazione umana non è semplice, ma quanto più la comprendiamo, meglio saremo in grado di gestire noi stessi, il nostro lavoro, le nostre relazioni, i nostri datori di lavoro e i nostri collaboratori. Conoscere ciò che guida noi e gli altri è un passo essenziale rivolto ad accrescere la gioia intrinseca e a minimizzare il caos delle nostre vite”.

Se vi è piaciuto l’articolo, basato interamente sul libro di Dan Ariely, sono sicura che apprezzerete ancor di più il suo lavoro, che sento di consigliare specialmente a chi non ha ancora avuto il piacere di leggere nulla di questo magnifico autore.

P.S. Se siete alla ricerca di un altro articolo del nostro blog basato sui lavori di Dan Ariely vi consigliamo di leggere “Nuovi inizi, attivare le leve giuste e passare all’azione“.

Dan Ariely (2019). Perché. La logica nascosta delle nostre motivazioni. Di Dan Ariely  (Autore), Matt R. Trower (Illustratore), Micaela Uzzielli (Traduttore). LINK AL LIBRO SU AMAZON https://amzn.to/2NLaHsU

L’Autore

Roberta De Cicco

Roberta De Cicco, editor e contributor del blog economiacomportamentale.it, ha un dottorato di ricerca in Business & Behavioural Sciences. Si occupa di rircerca nell’ambito del marketing conversazionale e del native advertising ed è docente del corso marketing automation presso la Católica Porto Business School.

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