Il problema del free rider: cos’è e possibili soluzioniTempo di lettura stimato: 16 min

di Federico Gaudenzi

Immaginate di essere uno studente universitario fuori sede e per risparmiare decidete di condividere l’appartamento con altri studenti. Immaginate inoltre che i vostri nuovi coinquilini vogliano installare una connessione internet. Voi, che volete risparmiare il più possibile, vi opponete all’acquisto evitando in tal modo di corrispondere monetariamente alla quota dovuta.

Una volta effettuata l’installazione sarà per i vostri coinquilini un compito alquanto arduo evitare che anche voi ne usufruiate. In questo modo avrete potuto beneficiare di un servizio comune senza pagarne il relativo costo. E se state pensando che voi non vi comportereste mai in questo modo vi propongo un altro esempio. Siete mai saliti su un autobus o su un qualsiasi altro mezzo pubblico? Se la risposta è sì allora probabilmente vi sarà capitato, almeno una volta nella vita, di aver dimenticato “per sbaglio” di acquistare il biglietto usufruendo così di una corsa gratuita.

Per tutti coloro che, come me, si rivedono nelle situazioni immaginari o reali appena descritte sappiate che siamo o siamo stati almeno una volta un Free Rider!

In termini economici possiamo infatti definire il free rider come “colui che cerca di godere di un bene o servizio facendo sopportare ad altri il suo costo (Motterllini, & Guala, 2015)”. In altri termini free rider è quindi “l’agente economico che attua un comportamento opportunistico finalizzato a fruire pienamente di un bene (o servizio) prodotto collettivamente, senza contribuire in maniera efficiente alla sua costituzione (Vannini, 2012)”. Il tema del free rider (o del free riding) è una problematica ampiamente analizzata nella letteratura economica. Tuttavia prima di presentare il problema in ottica contemporanea e le possibili soluzioni proposte, cercherò di lenire i “sensi di colpa” che sicuramente vi ho creato esaminando se il fenomeno è ascrivibile ai tempi recenti o se esisteva anche in passato.

INQUADRAMENTO STORICO

Il primo a riferirsi inconsapevolmente al concetto di free rider in termini di comportamenti opportunistici in un determinato gruppo di riferimento, fu addirittura Glaucone. Il filosofo greco, come riportato da Platone nel dialogo “Repubblica” (libro 2, 360b – c), sosteneva infatti la correttezza di un atteggiamento di disubbidienza alle leggi fin quando fosse possibile evitarne le relative sanzioni.

Andando avanti nel tempo anche il celebre filosofo Hume si occupò di comportamenti opportunistici nella collettività, sottolineando come fosse enormemente difficile evitare l’insorgenza di simili atteggiamenti. Hume affermava che in un gruppo di mille persone che lavorano a uno scopo comune fosse oltremodo complesso riuscire a mantenere una motivazione elevata in ciascun partecipante; ciò comportava inesorabilmente il ricorso a una condotta egoistica di alcuni e alla conseguente ricaduta della responsabilità del lavoro esclusivamente sugli altri (Hume, [1739–40] 1978, libro 3, parte 2, sez. 8, p. 538).

Il problema fu successivamente esposto da John Stuart Mill, famoso filosofo ed economista, il quale fu interessato alla tematica sotto una prospettiva principalmente economica (Mill, [1848] 1965, libro 5, cap. 11, sez. 12). L’autore propose come soluzione agli atteggiamenti egoistici una regolazione normativa. Per supportare la propria tesi si servì di un esempio molto efficace riguardante le leggi che impongono un tetto massimo alle ore lavorative giornaliere.

Per meglio spiegare le sue affermazioni vi propongo un esempio leggermente più moderno. Supponiamo che tutti gli esercenti di un bar di una particolare zona concordino la chiusura delle attività a un determinato orario. Un tale accordo potrebbe implicare una possibilità di guadagno aggiuntivo per tutti coloro che decidessero di non rispettarlo; infatti comportandosi in tal modo beneficerebbero della chiusura dei bar concorrenti assicurandosi in conclusione un considerevole profitto. Secondo Mill l’unico modo per evitare un comportamento siffatto si ravvedeva nell’intervento normativo. Una legge che avesse reso illegale il superamento di un determinato ammontare di ore avrebbe costituito un freno alla spinta opportunista.

Una generalizzazione del problema del free riding venne successivamente fornita dal celebre economista italiano Vilfredo Pareto. L’eminente studioso propose un’interpretazione della tematica mettendone in risalto il caso negativo.

“Se tutti gli individui si astenessero dal fare A, ogni individuo come membro della comunità trarrebbe un certo vantaggio. Ma ora se tutti gli individui meno uno continuano ad astenersi dal fare A, la perdita per la comunità è molto lieve, mentre l’unico individuo che fa A ottiene un guadagno personale molto maggiore della perdita che subisce come membro della comunità (Pareto, 1935, vol. 3, sez. 1496, p. 946–7)”.

Tramite questa accezione diventa quindi evidente che per ogni individuo è ottimale perseguire il proprio interesse invece di agire per la collettività. Ma se ciò dovesse accadere, ognuno non farebbe “A”, provocando un peggioramento per ciascuno. Da ciò si può facilmente intuire come il perseguimento dell’ottimo individuale non comporti necessariamente il raggiungimento dell’ottimo paretiano (concetto introdotto da Pareto stesso che identifica quella situazione in cui non è possibile migliorare la condizione di un soggetto senza peggiorare la condizione di un altro).

Sarà infine grazie a Paul Anthony Samuelson (premio Nobel per l’economia nel 1970) che il problema del free riding assumerà la connotazione economica contemporanea.

IL PROBLEMA NELL’AMBITO ECONOMICO CONTEMPORANEO

Come abbiamo potuto constatare la tematica del free riding si è evoluta nel tempo. Concepita inizialmente sotto una prospettiva puramente filosofica ha assunto strada facendo contorni sempre più economici. L’apporto finale in questo lungo percorso storico è da attribuire a Samuelson e ai suoi lavori sui beni pubblici (Samuelson, 1954). Secondo l’eminente studioso i beni pubblici presentano due peculiari proprietà:

  • Assenza di rivalità

Il consumo del bene da parte di un individuo non influisce sul consumo dello stesso da parte di un secondo soggetto

  • Assenza di escludibilità

Una volta fornito il bene è presumibilmente impossibile escludere qualcuno dal consumarlo

Queste due caratteristiche sono infatti facilmente ravvisabili nel contesto a noi familiare, basta pensare alla difesa del territorio nazionale, alla sicurezza e all’ordine pubblico ma anche all’illuminazione stradale. Sebbene nella normalità quotidiana si riscontrino spesso beni che possiedono solo una delle due proprietà, ciò che risulta rilevante è che siano di fatto forniti collettivamente.

Gli esempi forse più significativi riguardano la maggior parte delle risorse ambientali, malgrado non tutte presentino entrambe le caratteristiche di Samuelson ne conservano quasi sempre i tratti distinti (da ciò deriva la natura della questione ambientale). Risulta quindi evidente che un comportamento egoistico in cui nessuno o pochi contribuiscono al sostenimento dei costi può condurre, per questa tipologia di beni, alla riduzione dell’offerta con conseguenti danni per l’intera società.

In termini più formali, recuperando il concetto di ottimo paretiano, il problema del free riding nell’ambito dell’economia pubblica, può essere presentato come segue.

Per raggiungere una soluzione di ottimo paretiano è necessario che gli individui rivelino le proprie preferenze per il bene pubblico (in modo che si possa sapere qual è la quantità ottimale del bene). Tuttavia poiché il bene è a consumo non competitivo (assenza di rivalità) e non escludibile è nell’interesse di ogni individuo sottostimare la soddisfazione che ottiene dal consumo del bene. In tal modo se ne riduce solo leggermente la quantità fornita ma si diminuisce significativamente il proprio carico fiscale. Ognuno ragiona in questo modo e il bene pubblico sarà sotto-fornito (McMillan, 1979).

Il problema del free riding e le sue profonde implicazioni scossero il mondo accademico a tal punto da interessare alla tematica anche studiosi appartenenti alla branca della teoria dei giochi (disciplina matematica che si occupa di analizzare il comportamento di più individui che interagiscono fra loro). Fu proprio grazie al contributo di questi ultimi, che fra gli anni cinquanta e settanta del secolo scorso, il fenomeno del free riding iniziò ad essere studiato tramite una nuova metodologia. Una cospicua maggioranza degli esperti di tale ambito riteneva infatti che la rappresentazione più adeguata del problema dei beni pubblici potesse essere interpretata attraverso i dilemmi sociali e in particolare tramite il gioco noto come dilemma dei beni pubblici (Hargreaves-Heap, & Varoufakis, 2004). Il dilemma dei beni pubblici viene comunemente presentato come segue:

“Quattro giocatori ricevono una dotazione che sono liberi di tenere per sé o di contribuire a un pool comune. Il contenuto del pool viene quindi raddoppiato e ridistribuito tra i giocatori indipendentemente dal loro contributo. Se tutti contribuiscono £ 1, ognuno riceve £ 2 (ovvero un guadagno netto di £ 1). Se tutti i giocatori tranne uno contribuiscono, il disertore ha un guadagno netto di £ 1,50 e i contributori £ 0,50 ciascuno (Ledyard, 1995)”.

Dalla struttura del gioco si può intuire come ogni giocatore sia incentivato a non versare nulla nel pool comune. Tuttavia, se ogni giocatore ragiona in questo modo, non ci saranno versamenti nel pool comune e ogni partecipante guadagnerà solo ciò che si è tenuto per sé. Anche attraverso il gioco dei beni pubblici è quindi evidente la natura paradossale del problema del free riding già emersa nell’ambito dell’economica pubblica: l’azione razionale individuale porta ad un risultato che è collettivamente irrazionale.

POSSIBILI SOLUZIONI PROPOSTE

La problematica posta in essere ha, come evidenziato precedentemente, profonde ricadute sulla società tutta. Per questo motivo molteplici studi si sono susseguiti al fine di evidenziarne alcune possibili soluzioni. I tre principali ambiti di azione che tutt’ora rappresentano le principali strategie tramite cui risolvere il problema del free rider riguardano:

  • Regolamentazione del governo

Misure fondante sull’intervento governativo

  • Privatizzazione

Conversione di un bene pubblico in uno privato

  • Volontariato

Contribuzione volontaria

Photo by Brian Yurasits on Unsplash
Photo by Brian Yurasits on Unsplash

All’interno del primo ambito di azione ricadono le misure governative finalizzate sia a imporre il sostenimento dei costi del bene pubblico sia a limitare il consumo attraverso la gestione o la regolamentazione diretta dell’uso delle risorse. Riguardo alla prima circostanza la fattispecie tipica è la tassazione; tutti i potenziali beneficiari vengono considerati come se fossero un unico consumatore e consecutivamente il costo viene suddiviso in parti uguali.

Ad esempio se il bene pubblico è la difesa nazionale il governo può imporre una tassa apposita affinché tutti i cittadini contribuiscano al suo sostentamento. Nella seconda circostanza ricadono invece tutte quelle misure atte a limitare il consumo da parte dei potenziali beneficiari. Pensiamo ad esempio alla pesca e al conseguente sfruttamento di una risorsa comune (la fauna marina), il governo in questo caso può adottare provvedimenti quali l’imposizione di quote massime o legiferare sulle quantità ammesse di pescherecci (Pettinger, 2019).

La seconda area di intervento si caratterizza invece per la costituzione di un sistema di diritti di proprietà privata che delinei il possesso delle risorse. Diritti di proprietà ben definiti generano una limitazione del diritto di accesso e d’uso, determinando una gestione efficiente delle risorse. Per rendere meglio il concetto proviamo a pensare a un bene comune come un giardino pubblico. Se si limita l’ingresso, tramite per esempio un impedimento fisico come una barriera molto alta, soltanto a coloro che sono disposti a versare un contributo, il giardino perde la sua connotazione di bene pubblico convertendosi in un bene privato. In questo modo tutti coloro che vorranno beneficiare del giardino dovranno forzatamente contribuire con una quota al suo mantenimento (Pettinger, 2019).

La terza categoria di intervento corrisponde all’attività di volontariato, in questo caso la produzione del bene o servizio viene finanziata attraverso la contribuzione volontaria (Sugden, 1984). La differenza con la privatizzazione emerge chiaramente: per quanto i beni e i servizi prodotti tramite beneficienza siano distribuiti tra i consumatori, il fatto che una persona abbia contribuito ai costi non gli dà alcun diritto o priorità. Così il contributo di una persona conferisce benefici a un gruppo di persone. In questo senso, i servizi forniti tramite il volontario sono beni pubblici.

Esempi in tal senso si possono riscontrare in più ambiti. Molta ricerca medica è finanziata da donazioni, si pensi ai servizi di trasfusione di sangue i quali dipendono da donatori non pagati. Ma anche molti teatri, orchestre e club sportivi sono in grado di continuare solo grazie al successo dei loro appelli per la raccolta di fondi; in egual misura i sindacati i quali riescono ad esistere nonostante non vi sia alcuna costrizione all’adesione.

Soluzioni alla problematica del free riding sono infine emerse anche grazie all’apporto degli studiosi della teoria dei giochi. Proprio gli esperti in questa disciplina hanno offerto contributi rilevanti alla risoluzione del fenomeno del free rider sfruttando i dilemmi sociali e in particolare il dilemma dei beni pubblici (di cui si è parlato sopra). Fra le soluzioni proposte, le più diffuse nel porre rimedio al comportamento opportunista sono:

  • Punizione

Si punisce pecuniariamente il free rider

  • Reputazione

Si crea un meccanismo di reputazione

Nel primo caso si cerca di arginare gli atteggiamenti egoistici tramite l’utilizzo di punizioni pecuniarie. Con riferimento al dilemma dei beni pubblici quando viene permesso ai partecipanti di punire coloro che non collaborano (ad esempio possono sacrificare £ 1 per ridurre il reddito di un altro giocatore di £ 3), i disertori risultano essere pesantemente puniti e in genere aumentano i loro contributi nei turni futuri (Fehr, & Gächter, 2002).

Il concetto di reputazione è emerso invece quando il gioco dei beni pubblici è stato incorporato in un contesto più ampio, quando cioè è stato alternato a un “gioco di reciprocità indiretta” che promette ricompense per coloro che hanno una buona reputazione (Milinski, Semmann, & Krambeck, 2002). Il gioco di reciprocità indiretta è caratterizzato da due partecipanti, un giocatore agisce come donatore e l’altro come beneficiario. Il donatore può scegliere se aiutare il ricevente dando benefici b > 0 a un costo personale c > 0 o non aiutare (Sasaki, Okada, & Nakai, 2017).

L’alternanza fra i due giochi ha prodotto un alto livello di cooperazione nel gioco dei beni pubblici. Una cattiva reputazione per non aver contribuito al pool comune era riconosciuta nel gioco di reciprocità indiretta in cui i giocatori si rifiutavano di sostenere tali individui. Al contrario, le persone che avevano contribuito al pool pubblico venivano premiate con donazioni. Attraverso questo trasferimento di reputazione tra i giochi, la cooperazione è stata mantenuta per quasi tutto l’esperimento con conseguente eliminazione del fenomeno del free riding (Milinski, Semmann, & Krambeck, 2002).

PER CONCLUDERE…

Abbiamo potuto constatare come il problema del free riding interessi trasversalmente la nostra società fin dal tempo dei filosofi greci e, nonostante il cambiamento culturale e societario, sia tutt’ora un problema potenzialmente dannoso.

Un esempio strettamente attuale delle conseguenze nefaste del free riding è ravvisabile nella inosservanza delle misure di contenimento del contagio durante la pandemia di Covid-19. In tale contesto, infatti, il comportamento del singolo individuo produce effetti sull’individuo stesso e sulla collettività. Se consideriamo rispettivamente trasgressione e osservanza alle norme sanitarie in termini di non cooperazione e cooperazione, è possibile analizzare il fenomeno attraverso la teoria dei giochi e, nello specifico, tramite il dilemma del prigioniero (Giuliani, 2021).

Sotto questa prospettiva, la trasgressione alle norme (non cooperazione) evita il sostenimento del costo (limitazione della libertà individuale), e, al tempo stesso, permette di beneficiare del sacrificio compiuto da coloro che le rispettano. Tuttavia se ogni cittadino trasgredisse, comportandosi quindi da free rider, il virus prolificherebbe con conseguente peggioramento delle condizioni di tutti.

Considerazioni analoghe si possono effettuare in merito alla campagna di vaccinazione. Come sostenuto da Madhur Anand e Chris Bauch, riportato in un articolo del New York Times (dicembre 2020), anche tale fenomeno può essere analizzato in relazione a costi e benefici per il singolo individuo e per la collettività. Assumiamo che i costi e i benefici della vaccinazione siano identificabili rispettivamente in termini di effetti collaterali e sicurezza individuale.

Considerando che il processo di vaccinazione protegge sia le persone che si vaccinano (“protezione diretta”) sia coloro che hanno contatti esclusivamente con questi ultimi (“protezione indiretta”), si potrebbe essere incentivati a comportarsi da free rider. Attendendo infatti la vaccinazione di una ampia maggioranza della popolazione, si beneficerebbe della protezione, senza pagarne il potenziale costo (effetti collaterali). Ancora una volta però, se la maggior parte degli individui si comportasse così, il numero di vaccinati sarebbe esiguo e i benefici della vaccinazione per la collettività non sarebbero significativi.

Il free riding nel contesto vaccinale è emerso anche in uno studio incentrato sulle decisioni di vaccinazione nell’ambito di una malattia infettiva simulata (Ibuka et al. 2014). Lo studio è stato condotto tramite un esperimento di gioco computerizzato, nel quale, tramite simulazione di alcuni parametri, si teneva conto di un insieme di condizioni tra cui costo del vaccino e gravità dell’infezione. Ad ogni turno di gioco i partecipanti dovevano decidere se vaccinarsi o meno contro l’influenza. I risultati hanno evidenziato come, all’aumentare del tasso di vaccinazione dei membri del gruppo nel round precedente, diminuisse la probabilità di accettazione della vaccinazione del singolo individuo nei turni successivi. Tale fenomeno, indicativo di un comportamento di free riding, è stato osservato indipendentemente dai parametri simulati costo del vaccino e gravità dell’infezione.

Alla luce di queste considerazioni strettamente connesse alla situazione attuale, non dovremmo forse mai dimenticare che, a volte, un piccolo sacrificio per ciascuno di noi vuol dire un beneficio per tutti.

Bibliografia

  1. Fehr, E., & Gächter, S. (2002). Altruistic punishment in humans. Nature, 415, 137–140.
  2. Giuliani, F. (2020). “Decisioni individuali, conseguenze collettive: Covid 19 e teoria dei giochi.
  3. Hargreaves-Heap, S. P., & Varoufakis, Y. (2004). Game Theory: a Critical Text. Routledge. 2th edition.
  4. Hume, D. [1739–40] (1978). A Treatise of Human Nature, L. A. Selby-Bigge and P. H. Nidditch (eds.) Oxford, Oxford University Press, 2nd ed.
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  9. Mill, J. S. [1848] (1965). Principles of Political Economy, J. M. Robson (ed.), Collected Works of John Stuart Mill, Toronto: University of Toronto Press, 7th edition, vols. 2 and 3.
  10. Motterlini, M., & Guala, F. (2015). Mente. Mercati. Decisioni. Milano: Egea
  11. Pareto, V. (1935). The Mind and Society, Arthur Livingston (ed.), New York: Harcourt, Brace.
  12. Pettinger, T. (2019). “Free rider problem”.
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  15. Sasaki T., Okada I., & Nakai Y. (2017). The evolution of conditional moral assessment in indirect reciprocity. Scientific Reports 7:41870.
  16. Sugden, R. (1984). Reciprocity: The Supply of Public Goods Through Voluntary Contributions. The Economic Journal, 94, 772-787.
  17. The New York Times (20 dicembre 2020). “The Pandemic Is a Prisoner’s Dilemma Game”.
  18. Vannini, R. (2012). “free rider” in Dizionario di Economia e Finanza – Treccani.

L’autore

Federico Gaudenzi è dottorando di ricerca in Business & Behavioural Sciences presso l’Università di “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara. Ha conseguito la laurea triennale in “Economia e Gestione Aziendale” a Trieste e successivamente la laurea magistrale in “Marketing e Comunicazione d’Impresa” a Verona. Attualmente i suoi interessi di ricerca riguardano le norme sociali. 

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