La persuasione occulta. Esiste davvero?Tempo di lettura stimato: 8 min

di Roberta De Cicco

Il tema dell’influenza subliminale, cioè quella presentata in modo tale da non raggiungere la soglia di consapevolezza dell’individuo, ha avuto indubbiamente un forte impatto sull’immaginario popolare. Tale notorietà, attribuita specialmente negli anni passati alla persuasione subliminale, fonda le proprie radici in un periodo storico, se non un episodio storico ben definito.

Nel 1957, negli Stati Uniti, James Vicary, pubblicitario ed esperto di marketing del New Jersey, dichiarò di aver aumentato le vendite di Coca Cola di circa il 18% e quelle del pop corn del 57% in un cinema, presentando agli spettatori in forma subliminale (attraverso dei fotogrammi di pochi millisecondi) le frasi “mangiate pop corn” e “bevete Coca Cola”.
In seguito a questa vicenda, furono pubblicati molti articoli di opinione sui giornali e alcuni saggi che esprimevano la propria preoccupazione circa il potere di manipolazione delle menti che qualcuno poteva acquisire tramite questi strumenti. (Cavazza, 1996). Furono molte le polemiche e l’opinione pubblica ovviamente reagì con indignazione e mostrando la massima preoccupazione.
James Vicary in seguito smentì quanto detto, ammettendo in un’intervista di aver inventato tutto con lo scopo di ricavare una notevole pubblicità per la sua nuova società, la Subliminal Projection Company.  Tuttavia, il dado era ormai tratto e i fantasma della manipolazione del volere degli adulti “contro la loro volontà” e il timore del “lavaggio del cervello” si era già instillato nella maggior parte delle persone, complice anche il clima culturale di quegli anni e la pubblicazione del libro di Vance Packard nel 1957 “The hidden persuaders (I persuasori occulti).
Quest’ultimo sosteneva infatti che i ricercatori di marketing e i pubblicitari del suo tempo erano in grado di determinare le motivazioni inconsce delle persone e che il consumatore stesso era impotente di fronte a tale manipolazione, non potendo resistere consciamente a tali tecniche (Packard, 1958). Il libro ebbe molta responsabilità nel dare un’immagine completamente negativa della ricerca scientifica sulle motivazioni del consumatore (naturalmente Packard citava nella sua opera anche la pubblicità subliminale di Vicary).
In questo contesto, in breve tempo, la pubblicità subliminale fu messa al bando con la minaccia di gravi sanzioni per gli eventuali trasgressori. Fu proibita prima negli Stati Uniti e poi in Gran Bretagna e Australia.

Vicary – Psychology Flukes

Ma che cos’è la percezione subliminale?

La percezione subliminale è la percezione che oltrepassa la soglia oggettiva in cui lo stimolo riesce ad essere discriminato dai sensi, ma non riesce a superare la soglia soggettiva, cioè fallisce nel raggiungere la consapevolezza cosciente e non può essere riportata verbalmente (Dijksterhuis, Aarts e Smith, 2005).
Spesso questo termine rinvia alla più altisonante pubblicità subliminale, che altro non è che una tecnica che comporta (attraverso diversi espedienti in cui non entreremo in merito in questo articolo) l’esposizione del consumatore a stimoli come immagini e nomi di prodotti, marchi, brand, senza che egli possa averne consapevolezza (Chirumbolo e Di Lorenzi, 2012).

È realmente possibile influenzare i comportamenti con la pubblicità subliminale?

I punti di vista sono tre.
Da una parte troviamo le credenze popolari più naive, dall’altra è possibile evidenziare tutta una serie di studi scientifici che hanno dimostrato che l’effetto persuasivo della stimolazione subliminale è dubbio, controverso, a volte del tutto esistente. Tuttavia, pare che la verità stia nel mezzo.
Attualmente, se non è dimostrabile che la pubblicità subliminale manipoli l’individuo fino a fargli fare cose non volute, specie nel lungo termine, non è altrettanto vero che essa non abbia proprio alcun effetto (Chirumbolo e Di Lorenzi, 2012).
Sul piano scientifico, la maggior parte delle informazioni che abbiamo sugli effetti subliminali provengono dal filone di studi sull’effetto di mera esposizione, il quale afferma che l’esposizione veloce (di durata inferiore a un secondo) e ripetuta di stimoli favorisce la propensione ad un atteggiamento favorevole verso questi.
Occorre però notare alcune caratteristiche di questo effetto che lo differenziano sostanzialmente da quello “mangia pop corn/bevi Coca Cola” di cui abbiamo parlato poche righe fa.
Nella situazione sperimentale, gli stimoli vengono presentati in forma isolata e la situazione non comprende fonti di distrazione prevalenti, mentre al cinema l’attenzione dei soggetti è prevalentemente focalizzata sul film. L’episodio del cinema di fatto non soddisfa i criteri dell’esperimento scientifico, in quanto non è in grado di garantire che l’effetto osservato sia maggiore di quello dovuto alla casualità (Cavazza, 1996).

Tra gli studi che a partire dall’episodio mediatico di Vicary hanno cercato di indagare questo fenomeno, vi proponiamo quello di Donn Byrne, del 1959.
Un gruppo di persone doveva assistere ad un film di 16 minuti sul tema del controllo del comportamento. A metà dei partecipanti veniva proiettata la parola manzo in sovrimpressione con un tempo di esposizione brevissimo (1/200 di secondo) mentre nel gruppo di controllo il messaggio non era presente. Dopo aver assistito alla proiezione del film i partecipanti venivano sottoposti ad un questionario generale sulla salute e dovevano poi indicare su una scala da 1 (= per niente affamato) a 5 (= molto affamato) quanto in quel momento, si sentissero affamati. Seguivano altre domande generiche sugli sport praticati, sul consumo di zuccheri e di bibite e, infine, tra le varie domande ce n’era una che riguardava le loro preferenze tra diverse tipologie di panini: tonno, verdura, formaggio e roast-beef. Il risultato fu che il gruppo esposto, durante la visione del film, alla parola manzo riportò uno stato di appetito superiore ed evidenziò una maggiore preferenza per il panino al roast-beef del 37% rispetto al gruppo di controllo (28%).
Si trattò ovviamente di una prima ricerca che sembrò evidenziare la presenza di un qualche effetto subliminale.

Qualche decennio più tardi, un altro esperimento condotto dal team francese composto da Channouf Canac e Gosset nel 1999 coinvolse delle persone in un apparente esperimento di analisi lessicale. I soggetti dovevano valutare se le parole presentate sullo schermo di un computer fossero o meno francesi, il tutto nel minor tempo possibile. Sullo schermo veniva presentato un quadro bianco per 800 millisecondi, poi veniva presentato per 45 millisecondi il disegno di una bottiglia di Coca Cola, di Orangina oppure quello di una tavola (il tutto per un totale di 15 volte di seguito). Il tempo di esposizione non consentiva evidentemente ai soggetti di riconoscere l’immagine a livello consapevole. A fine esperimento ad ogni partecipante veniva offerta una bevanda: Coca Cola o un’Orangina. L’ esperimento mise in evidenza come uno stimolo visivo, quale la bottiglietta di una bevanda, avesse incrementato dell’85% il bisogno di bere, mentre lo stesso comportamento si assestava solo sul 40% tra coloro che erano stati esposti all’immagine neutra del tavolo.
I risultati mostrano come sì, lo stimolo di bere sembra essere attivato in modo subliminale dall’immagine legata a tale bisogno, ma non in modo selettivo. In compenso, il tipo di stimolo in relazione con la bevanda, non orienta realmente le scelte della bevanda. Ne risulta che sebbene i nostri bisogni fisiologici possano essere attivati attraverso un messaggio o una illustrazione presentata in modo subliminale, orientare le nostre scelte è impossibile. Inoltre, è sbagliato credere che si possa influenzare qualsiasi comportamento in modo durevole. Ad esempio, lo stimolo subliminale può attivare bisogni psicologici, ma non necessariamente quelli più vitali.

Tyler Durden (Brad Pitt) in Fight Club. Mosaic of Thoughts

Sappiamo per esempio che può avere effetti di priming sul giudizio (Neuberg, 1988). Soggetti esposti in forma subliminale a parole connotate positivamente vs negativamente, danno in seguito, una valutazione distorta in direzione congruente allo stimolo subliminale ricevuto (Erdley e D’Agostino, 1988).
Sappiamo anche che stimoli subliminali possono indurre o inibire stati emotivi quali l’ansia (Robles et al,. 1987) e che sul piano della relazione con il comportamento, come dimostrato da Bornstein, Leone e Galley (1987) è più facile mostrarsi d’accordo con un complice il cui viso è stato presentato in precedenza in forma subliminale, rispetto ad un complice totalmente sconosciuto.

Al di là della necessità di far luce su questo tema e di raggiungere un fondamento scientifico più stabile, a mio avviso, è interessante riflettere sulle ragioni più profonde per le quali l’idea di un grande potere dell’influenza subliminale goda di così tanta popolarità.
Una delle spiegazioni più adatte del fenomeno sembra essere quella che fa riferimento alla possibilità di attribuire effetti indesiderati a cause esterne (Brannon e Brock, 1994). Davanti a scelte di acquisto, politiche o di qualunque altro genere, che non ci convincono del tutto (specie ex post), il fatto di poter pensare di essere stati circuiti da un potere di manipolazione occulto ci consentirebbe di fatto di non intaccare il piano della nostra autostima.

 

Bibliografia

  1. Cavazza, N. (1997). Comunicazione e persuasione. Il Mulino, Bologna.
  2. Cavazza, N. (2006). La persuasione (pp. 1-204). Il mulino.
  3. Chirumbolo A; Di Lorenzi C. (2012) La persuasione pubblicitaria, Carocci.
  4. Guéguen, N. (2009). Psicologia del consumatore, il Mulino.
  5. Packard, V. (1958). I persuasori occulti, trad. Torino, Einaudi.
  6. Bornstein, R. F., Leone, D. R., & Galley, D. J. (1987). The generalizability of subliminal mere exposure effects: Influence of stimuli perceived without awareness on social behavior. Journal of personality and social psychology53(6), 1070.
  7. Byrne, D. (1959). The effect of a subliminal food stimulus on verbal responsesJournal of Applied Psychology43(4), 249.
  8. Channouf, A., Canac, D., & Gosset, O. (1999). Les effets non spécifiques de la publicité subliminaleEuropean Review of Applied Psychology/Revue Européenne de Psychologie Appliquée.
  9. Erdley, C. A., & D’agostino, P. R. (1988). Cognitive and affective components of automatic priming effects. Journal of Personality and Social Psychology54(5), 741.
  10. Neuberg, S. L. (1988). Behavioral implications of information presented outside of conscious awareness: The effect of subliminal presentation of trait information on behavior in the Prisoner’s Dilemma Game. Social Cognition6(3), 207-230.
  11. Robles, R., Smith, R., Carver, C. S., & Wellens, A. R. (1987). Influence of subliminal visual images on the experience of anxietyPersonality and Social Psychology Bulletin13(3), 399-410.

Immagine in evidenza: Brett Ryder illustrator

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