Perché le persone credono ai complotti?Tempo di lettura stimato: 10 min

di Lorenzo Gagliardi

Per ogni grande evento della storia c’è almeno una teoria del complotto: dalle grandi Piramidi Egizie allo sbarco sulla Luna, passando per l’omicidio del presidente Kennedy all’attacco alle Torri Gemelle, per poi arrivare ai classici intramontabili, come scie chimiche e società segrete. Più di recente, abbiamo aggiunto alla collezione alcune storie bizzarre sul 5G e sul Coronavirus. Insomma, ce n’è per tutti i gusti. Ma come si spiega questa straordinaria varietà?

Partiamo innanzitutto col definire cosa sia una teoria del complotto. Una teoria del complotto può essere definita come l’ipotesi non verificata e relativamente non plausibile di una cospirazione, che afferma che alcuni importanti eventi sono il risultato di un piano segreto escogitato da un gruppo di persone potenti, pericolose, e in alcuni casi soprannaturali (Brotherton 2013).

Quindi, innanzitutto, una teoria del complotto esiste per una ragione epistemica (Douglas et al 2017), per trovare una spiegazione, solitamente celata al pubblico e non falsificabile, di un particolare evento; inoltre, tale spiegazione permette all’individuo che la sostiene di sentirsi più in controllo su una situazione poco chiara.

È altamente probabile che almeno una volta nella vostra vita abbiate creduto a un complotto o che conosciate qualcuno che ne sia un sostenitore convinto; per questo motivo non bisogna commettere l’errore comune di credere che i complottisti siano “pazzi” o strambi”. Non fanno (sempre) parte di una setta. Anzi, è probabile che di recente siate venuti a contatto con alcune teorie del complotto proprio grazie ai vostri parenti e amici. D’altronde, per quanto poco plausibili, si tratta in genere di storie ben architettate e talvolta anche molto avvincenti.

Come sostiene lo psicologo Brotherton (2015), gli esseri umani hanno una tendenza naturale a credere a queste storie, perché fanno leva su alcuni errori sistematici che sono ben ingranati nelle nostre menti e nel modo in cui ragioniamo. Ma quali sono questi “errori”, chiamati in gergo bias cognitivi?
Per qualche informazione in più su cosa sono i bias cognitivi, vi segnaliamo il nostro articolo “Cosa sono i bias cognitivi“.

I meccanismi dietro tali credenze

Tra i bias più comunemente riconosciuti e più radicati nel nostro modo di ragionare, sicuramente troviamo il bias della conferma (la tendenza a dare peso alle evidenze che corroborano le nostre ipotesi, tralasciando quelle che le contraddicono) (Darley & Gross 1983) e la fallacia della congiunzione (la tendenza a vedere nessi di causalità tra due o più eventi che co-occorrono, ossia che si verificano contemporaneamente o nello stesso contesto) (Gilovich & Savitsky 2002).

Ad esempio, un individuo soggetto a questi due errori cognitivi potrebbe saltare alla conclusione che il virus sia un prodotto artificiale sfuggito alle mani di uno scienziato poco attento di un centro di ricerca, semplicemente perché i primi casi confermati di Covid-19 si trovavano a Wuhan e perché nella stessa città esiste un laboratorio di virologia (i due eventi che co-occorrono).

E non importa che le analisi genomiche confermino l’origine naturale del virus (si veda Andersen et al 2020), perché le uniche evidenze di cui l’individuo terrà conto saranno quelle che confermano la sua ipotesi, a prescindere da quanto poco siano autorevoli.

Le scienze cognitive, tuttavia, hanno individuato altri errori sistematici che possono contribuire notevolmente alle credenze complottiste. Ne è un esempio il cosiddetto Hypersensitive Agency Detection bias, che lo psicologo Justin Barrett (2004) definisce come la tendenza umana a rilevare un’intenzionalità o un “agire” dietro a determinati eventi che in realtà sono soltanto casuali o naturali. Questo concetto è stato usato per spiegare numerose credenze umane, tra cui quelle religiose, quelle paranormali e quelle complottiste. Secondo questa prospettiva, la spiegazione di alcuni eventi come terremoti o pandemie tenderebbe ad essere attribuita all’agire umano. Il complotto secondo cui l’istallazione delle antenne del 5G è stata effettuata come un tentativo dei “poteri forti” di favorire la diffusione del virus grazie alle onde elettromagnetiche (Corriere.it 2020) è un ottimo esempio di questo meccanismo.

I ricercatori hanno inoltre notato che le teorie del complotto tendono a proliferare di più quando la portata dell’evento è maggiore. Tale fenomeno è spiegato dal bias della proporzionalità, ossia una tendenza a credere che gli eventi molto importanti, come un disastro naturale o un attentato, possano essere spiegati solo da cause altrettanto epocali (Leman 2007). Una pandemia come quella del coronavirus può essere “semplicemente” spiegata da una zoonosi, un evento biologico che può avvenire naturalmente in una situazione molto circoscritta. Tuttavia, risulta più plausibile credere che un virus che ha provocato oltre 1 milione di morti e contagiato più di 36 milioni di persone in tutto il mondo sia frutto di un grande piano orchestrato da sinistri gruppi di potenti.

Come affrontare il problema del complottismo

Sebbene a causa di questi errori cognitivi potrebbe risultare difficile parlare con un complottista, non è neppure il caso di ignorarlo o ignorare il fenomeno. Le nostre democrazie funzionano solo se il popolo è sufficientemente e correttamente informato sui fatti “reali”, altrimenti non sarà mai in grado di prendere decisioni per la vita del Paese. Non è un caso che la diffusione di fake news, anche attraverso testate giornalistiche dotate di credibilità o, peggio ancora, figure pubbliche di grande rilievo (da Bocelli a Trump), stia minando le fondamenta delle nostre società, infiltrandosi in questioni serie come le elezioni presidenziali (Time 2020). E i numeri non sono molto rassicuranti. Ad esempio, secondo un recente sondaggio del Pew Research Center, il 71% degli Americani ha sentito parlare di almeno una teoria del complotto sul coronavirus, e circa il 36% di essi la ritiene vera o probabile. Immaginate cosa potrebbe accadere se in un futuro non lontano una cospicua fetta di complottisti si astenesse dalla vaccinazione contro il virus.

E se ignorare l’esistenza dei complottisti non è un approccio giusto, neanche denigrarli può aiutare. Anzi, questo non può che contribuire a polarizzare ulteriormente le loro posizioni e rinforzare la credenza che sia tutto parte di un grande piano. Di nuovo, non bisogna dimenticare che nessuno è esente da errori cognitivi come quelli descritti sopra, il che ci rende tutti potenzialmente complottisti, persino noi o i nostri familiari.

La questione di come combattere il complottismo è molto più complessa di quanto si possa credere. Il problema affonda le sue radici nell’atteggiamento della nostra società verso la scienza (Rutjens et al 2018), la cui posizione è stata minata da gravi scetticismi da parte della politica, da una naturale tendenza a diffidare da ciò che contraddice il nostro stesso intuito e da un’istruzione troppo spesso nozionistica e non sufficientemente metodologica.

Il punto quindi non è che un individuo creda o meno a una singola teoria del complotto, quanto piuttosto che esista una tendenza generalizzata a credervi per mancanza di strumenti analitici. E ciò è confermato dagli studi che dimostrano come i sostenitori di una certa teoria (ad esempio, che lo sbarco sulla Luna sia una montatura) tendano a credere anche ad altre teorie del complotto (i vaccini causano l’autismo) (Lewandowsky et al 2013).

Sotto questo punto di vista, il “complottismo” somiglia di più a un tratto della personalità che a un insieme di credenze (Brotherton 2020), e la ricerca dimostra che è sostanzialmente trasversale rispetto a caratteristiche quali sesso, religione, età e persino il livello di istruzione (esistono però alcuni predittori del complottismo, quali ideologie politiche, stili cognitivi e tratti della personalità). Questo non fa altro che sottolineare ulteriormente la necessità di fornire alle persone non semplicemente delle conoscenze scientifiche, ma un metodo di de-biasing.

Come osservano Walter & Murphy (2017), per risolvere la questione non basta soltanto “sbufalare” le teorie del complotto. Chiunque abbia provato a sbugiardare un complottista con dati e fatti avrà senz’altro notato che non è assolutamente facile convincerli, perché c’è una tendenza a credere che le informazioni ufficiali e scientifiche provengano sempre da fonti “corrotte dal sistema”.

Questo comportamento è il prodotto di una grave perdita di fiducia nelle istituzioni in senso più ampio, ma soprattutto in quelle scientifiche e sanitarie, come ad esempio l’OMS o le case farmaceutiche. Non è difficile immaginare come questa crisi di fiducia potrebbe poi avere delle ripercussioni catastrofiche sulla salute pubblica, specie durante una pandemia.

Infatti, nel breve periodo, questo fenomeno potrebbe portare a un rifiuto delle linee guida, con tanto di manifestazioni no mask, e un conseguente aumento dei casi. Nel lungo periodo, invece, si potrebbe arrivare al rifiuto del futuro vaccino, con conseguenze ancora più drammatiche (Bertin et al 2020).

Quindi, per quanto il debunking resti un’attività comunque necessaria, il problema deve essere estirpato alla radice, tramite l’insegnamento di uno stile cognitivo diverso fin dai primi gradi dell’istruzione, un metodo di ragionamento che renda le persone consapevoli delle proprie fallacie logiche e in grado di distinguere il vero dal falso.

Non possiamo pretendere che ciascuno sia sempre perfettamente informato su tutte le questioni rispetto alle quali è richiesto esprimere un giudizio nella vita pubblica, dalle centrali nucleari all’aborto. Dobbiamo tuttavia fare in modo che ciascuno sia perfettamente in grado di scegliere le fonti giuste da cui apprendere tali informazioni e di accettare verità scientifiche che sfidano i propri preconcetti e le proprie intuizioni, molto spesso sbagliate.

Bibliografia

  1. Andersen, K.G., Rambaut, A., Lipkin, W.I. et al. (2020) The proximal origin of SARS-CoV-2. Nat Med 26, 450–452 (2020).
  2. Barrett, J. L. (2004). Why would anyone believe in God? Walnut Creek, CA: AltaMira Press.
  3. Bertin P., Nera K., Delouvée S. (2020). Conspiracy Beliefs, Rejection of Vaccination, and Support for hydroxychloroquine: A Conceptual Replication-Extension in the COVID-19 Pandemic Context. Frontiers in Psychology, Vol 11, 2020, pp. 2471
  4. Brotheron R. (2015). Suspicious Minds. Why We Believe Conspiracy Theories, Bloomsbury Sigma, New York
  5. Brotherton R. (2020). Why your brain loves conspiracy theories, Medium.com, https://elemental.medium.com/why-your-brain-loves-conspiracy-theories-69ca2abd893a
  6. Brotherton, R. (2013). Towards a definition of “conspiracy theory”. PsyPAG Quarterly, 88(3), 9–14.
  7. Corriere.it (2020), «Coronavirus e 5G sono correlati»: la teoria del complotto che ha fatto incendiare le antenne in Inghilterra, di Alessandro Vinci https://www.corriere.it/tecnologia/20_aprile_07/coronavirus-5g-sono-correlati-teoria-complotto-che-ha-fatto-incendiare-antenne-inghilterra-030d0aaa-7845-11ea-98b9-85d4a42f03ea.shtml 
  8. Darley J. M., Gross, P. H. (1983), A hypothesis-confirming bias in labeling effects, Journal of Personality and Social Psychology, 44, 20-33
  9. Douglas M. K., Sutton R. M., Cichocka A. (2017). The Psychology of Conspiracy Theories, Current Directions in Psychological Science 2017, Vol. 26(6) 538–542
  10. Gilovich, Thomas & Savitsky, K. (2002). Like goes with like: The role of representativeness in erroneous and pseudo-scientific beliefs. In “Heuristics and biases: The psychology of intuitive judgment.” 617-624. 10.1017/CBO9780511808098.036.
  11. Leman, P. & Cinnirella, M. (2007). A major event has a major cause: Evidence for the role of heuristics in reasoning about conspiracy theories. Social Psychological Review. 9. 18-28.
  12. Lewandowsky, S., Gignac, G. E., and Oberauer, K. (2013). The Role of Conspiracist Ideation and Worldviews in Predicting Rejection of Science. PLoS One 8:e75637. doi: 10.1371/journal.pone.0075637
  13. Pew Researcch Center (2020), A look at the Americans who believe there is some truth to the conspiracy theory that COVID-19 was planned, https://www.pewresearch.org/fact-tank/2020/07/24/a-look-at-the-americans-who-believe-there-is-some-truth-to-the-conspiracy-theory-that-covid-19-was-planned/
  14. Rutjens, B. T., Heine, S. J., Sutton, R. M., & van Harreveld, F. (2018). Attitudes towards science. In J. M. Olson (Ed.), Advances in experimental social psychology: Vol. 57. Advances in experimental social psychology (p. 125–165). Elsevier Academic Press.
  15. Time.com (2020), How Conspiracy Theories Are Shaping the 2020 Election—and Shaking the Foundation of American Democracy di Charlotte Alter, https://time.com/5887437/conspiracy-theories-2020-election/?utm_medium=tr_social&utm_campaign=site_visitor.unpaid.engagement&utm_source=Facebook#Echobox=1599843927
  16. Walter N & Murphy S. (2018). How to unring the bell: A meta-analytic approach to correction of misinformation. Communication Monographs. 2018; 85(3): 423-441.

L’autore

Lorenzo Gaglisrdi

Lorenzo Gagliardi, nato a Cosenza nel 1995, è un dottorando di ricerca in Methods and Models for Economic Decisions (Università degli Studi dell’Insubria). I suoi principali interessi sono l’economia comportamentale, le scienze cognitive e l’etologia.

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