Il bias della conferma: l’autoinganno che limita le nostre decisioniTempo di lettura stimato: 11 min

di Roberta De Cicco

Dibattiti politici, temi di interesse pubblico, diagnosi, teorie complottiste, imprenditoria. Sono solo alcuni degli ambiti in cui preservare l’identità personale e quindi confermare le idee che rispecchiano il proprio gruppo sociale è una consuetudine (Settimana del cervello, 2018).

Questo fenomeno, che descrive la tendenza delle persone a favorire le informazioni che convalidano i propri preconcetti, ipotesi e convinzioni personali, indipendentemente dalla veridicità di tali informazioni, fu denominato “bias di conferma” (in inglese “confirmation bias”) nel lontano 1960 da Peter Wason, psicologo cognitivo all’University College di Londra e pioniere della psicologia del ragionamento (The Decision Lab, 2020).

Le cause di questo bias andrebbero rintracciate nella necessità di evitare la dissonanza cognitiva e aiutare a mantenere e confermare il nostro senso di identità di sé (Festinger, 1957). Il bias di conferma non è altro che una scorciatoia cognitiva a cui ricorriamo quando raccogliamo e interpretiamo le informazioni. La valutazione delle evidenze richiede tempo ed energie, per questo il nostro cervello cerca automaticamente tali scorciatoie mentali per rendere il processo più efficiente.
E ha molto senso che lo facciamo.
Le persone hanno bisogno di dare un senso alle informazioni rapidamente e, com’è noto, formare nuove spiegazioni o convinzioni richiede tempo. In fondo, ci siamo adattati per intraprendere la via della minore resistenza, spesso per necessità.

Il bias di conferma nella storia

Se questo fenomeno potrebbe sembrare più evidente e diffuso nei nostri giorni, in cui siamo bombardati quotidianamente da una mole sostanziosa di informazioni su cui elaborare le nostre decisioni, in realtà il fenomeno è sempre esistito.

Il bias di conferma era già noto agli antichi greci. Tucidide (460 a.C. – 395 a.C.), storico e tra i principali esponenti della letteratura greca osservava che le persone “affidano a una speranza incurante ciò che desiderano sia vero e, al contrario, usano la ragione per mettere da parte ciò che è scomodo”.

Nel 1620, il filosofo inglese Francis Bacon nel suo libro Novum Organum Scientiarum affermava che “quando una persona matura un’opinione, tenderà a considerare unicamente tutte le prove che la rafforzano o a interpretarle in modo funzionale ai propri obiettivi. E anche di fronte a tanti elementi che ne contraddicono le opinioni, tenderà a ridurne o addirittura negarne la consistenza”.

Non mancano riferimenti letterari, come quello di Marcel Proust, autore de “Alla ricerca del tempo perduto” il quale suggerisce come la gelosia stessa sia vittima del bias di conferma: “È sorprendente quanto la gelosia, che passa il tempo a inventare ipotesi strampalate e false, manchi totalmente di immaginazione quando si tratta di scoprire la verità”.

Il bias di conferma nel contesto attuale

Il bias di conferma può aiutarci a spiegare una serie di fenomeni, ad esempio perché gli stereotipi razzisti o sessisti resistano nel tempo. Una persona sessista può trascurare ogni tipo di evidenza empirica a proposito di donne brave in matematica e uomini che sono in grado di prendersi cura dei propri figli, mentre sarà ben più veloce nel riconoscere tutti quei casi che invece dimostrano il contrario.
Ugualmente, una persona razzista può non notare tutte le persone di un’etnia diversa che lavorano sodo per mantenere la propria famiglia, pagano le tasse e si comportano da onesti cittadini, mentre presterà molta più attenzione a tutti coloro che non lo fanno.

Il bias in questione spiega anche perché alcune teorie del complotto hanno successo anche quando ne viene dimostrata l’infondatezza e la falsità. Il tipico sostenitore delle tesi complottiste passa il tempo a difendere e diffondere briciole di evidenza empirica a sostegno della sua teoria, tralasciando invece tutte le prove che la smentiscono (Angner, 2017).

Pensate, a cosa sta accadendo proprio in questi giorni. Ecco la testimonianza riportata dalla Stampa di Roberta Petrino, capo del reparto di Medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza dell’Asl di Vercelli.

È capitato di doversi confrontare con pazienti che, pur clinicamente positivi e perfino sofferenti a causa del virus, sostenessero che non si trattasse di covid. Interpretavano il nostro intervento medico quasi come una costrizione. Pochi, per fortuna, ma è successo».

Evidenze scientifiche del confirmation bias

Un importante studio condotto dai ricercatori della Stanford University nel 1979 ha esplorato le dinamiche psicologiche del bias di conferma (Lord, Ross, e Lepper, 1979).
Lo studio prevedeva la partecipazione di studenti universitari con punti di vista opposti sul tema della pena capitale, ai quali è stato chiesto di valutare due studi fittizi sull’argomento.
Uno dei falsi studi forniti ai partecipanti offriva loro dati a sostegno dell’argomentazione secondo cui la pena capitale scoraggia il crimine, mentre l’altro sosteneva il punto di vista opposto, ovvero che la pena capitale non ha effetti apprezzabili sulla criminalità generale nella popolazione.

Sebbene entrambi gli studi fossero stati inventati e progettati dai ricercatori per presentare statistiche oggettive “altrettanto convincenti”, i ricercatori hanno scoperto che le risposte agli studi erano suddivise in base alle opinioni preesistenti dei partecipanti. I partecipanti che inizialmente hanno sostenuto l’argomento a favore della pena capitale hanno considerato i dati contrari come poco convincenti e hanno ritenuto più credibili i dati a sostegno della propria posizione; i partecipanti che inizialmente avevano un’opinione contraria alla pena capitale hanno riferito lo stesso, ma a sostegno della propria posizione contro la pena capitale.
Quindi, dopo essersi confrontati sia con le prove a sostegno della pena capitale che con le prove che la confutavano, entrambi i gruppi hanno riferito di sentirsi ancora più impegnati nella propria posizione originale. Il fatto che la loro posizione fosse stata messa in discussione ha addirittura avuto come effetto un nuovo radicamento delle convinzioni esistenti.

Fonte: Shelidon.it


Un trattato scientifico molto interessante sull’argomento è stato successivamente pubblicato da Raymond S. Nickerson nel 1998 sulla rivista Review of General Psychology con il titolo “Confirmation Bias: An Ubiquitous Phenomenon in Many Guises”.

L’autore riporta alcuni esempi storici che fondano le radici nel bias di conferma, citando as esempio la caccia alle streghe e il rallentamento delle scoperte nel campo della medicina a causa delle idee mediche più popolari, talvolta molto lontane dalla medicina scientifica, concludendo che “se si volesse individuare il meccanismo più pericoloso di condizionamento del pensiero, il confirmation bias risulterebbe uno dei candidati più forti ad assumerne il ruolo“.

Persino il dominio della scienza, in cui le teorie dovrebbero avanzare sulla base della confutazione e delle evidenze scientifiche a sostegno, non è immune da questo tipo di pregiudizio. Non sono infatti rari i casi in cui vengono elaborate le ipotesi in modo che possano essere facilmente confermate e non confutate, fenomeno noto come “replication crisis” (Oswald e Grosjean, 2004).

Implicazioni del confirmation bias

Alcuni filosofi e scienziati sembrano ottimisti e sostengono che il bias di conferma possa avere, in effetti, dei vantaggi per l’individuo, i gruppi o entrambi, come ad esempio la possibilità di navigare più facilmente ed efficientemente la realtà sociale.
Altri invece sono più pessimisti. Ad esempio, Dutilh Novaes (2018) sostiene che il bias di conferma rende i soggetti meno capaci di anticipare i punti di vista degli altri, e quindi di apprezzare la prospettiva del proprio interlocutore ai fini di un’interazione sociale costruttiva.

Il bias di conferma negli anni ha subito un’evoluzione o quanto meno hanno subito un’evoluzione (in termini di portata) gli effetti che questo pregiudizio cognitivo porta con sé, specie considerando il contesto in cui viviamo, sempre più “social” dal punto di vista digitale. Recenti studi scientifici hanno individuato una relazione tra alcuni pregiudizi cognitivi e la sfera emozionale della disinformazione, concludendo che il bias di conferma è tra i pregiudizi mentali che rendono gli individui più inclini all’influenza dei contenuti fake e che giocano un ruolo cruciale nella loro diffusione (Michetti, 2020).

Photo by Rajesh Rajput on Unspash

La cosiddetta “bolla di filtraggio” (in inglese “filter bubble effect”) è un altro esempio di fenomeno social che amplifica e facilita la nostra tendenza cognitiva verso il bias di conferma.

Il termine è stato coniato dall’attivista di Internet Eli Pariser per descrivere l’isolamento intellettuale che può verificarsi quando i siti web e i social network utilizzano algoritmi per prevedere le informazioni che un utente vorrebbe vedere e quindi fornire informazioni all’utente in base a questa previsione.

Ciò significa che è più probabile che tali reti ci forniscano i contenuti che preferiamo, escludendo i contenuti che i nostri modelli di navigazione hanno mostrato essere contrari alle nostre preferenze. Normalmente preferiamo contenuti che confermano le nostre convinzioni perché richiedono una riflessione meno critica e, pertanto, i filtri a bolle favoriscono la diffusione le informazioni che confermano le opzioni esistenti escludendo le evidenze diverse o contrarie.

E così, ad esempio, i conservatori tenderanno a leggere giornali conservatori o blog che pubblicano contenuti a sostegno delle idee dei conservatori e i progressisti, viceversa, leggeranno giornali progressisti o seguiranno blog che ne sostengono le idee (Angner, 2017).

Come conseguenza di questo processo, gli utenti tendono sempre più ad aggregarsi in comunità di interesse piuttosto chiuse che grazie ad un costante rinforzo, favoriscono la segregazione e la polarizzazione. Tutto ciò a discapito della qualità delle informazioni e incrementando la proliferazione di narrazioni distorte fomentate da voci infondate, sfiducia e paranoia (Del Vicario et al. 2016).

È stato inoltre dimostrato che le bolle di filtraggio sui social media influenzano persino le elezioni politiche, adattando (attraverso algoritmi mirati) il contenuto dei messaggi della campagna e delle notizie politiche a seconda dei diversi sottoinsiemi di elettori. Portando, con ciò, ad una riduzione della discussione democratica costruttiva e ad un radicamento delle opinioni politiche come risultato di un accurato flusso informativo di prove che le supportano (The Decision Lab, 2020).

Conoscere il fenomeno per riuscire a contrastarlo

La ricerca scientifica in ambito psicologico suggerisce che questa distorsione cognitiva è dovuta a diversi fattori. In primis, spesso le persone tendono a non vedere l’evidenza empirica che contraddice le loro idee, mentre trovano molto più facilmente quella che la conferma. In secondo luogo, quando la prova non è così chiara o è ambigua, e si presta a duplici interpretazioni, si tende naturalmente a preferire le interpretazioni in linea con il proprio pensiero. Infine, le persone sono più severe sui criteri con cui accettare un’evidenza in grado di confutare le loro idee rispetto a quanto non lo siano quando si trovano davanti un’evidenza che le possa confermare (Angner, 2017).

Uno studio realizzato con la magnetoencefalografia (MEG) e pubblicato recentemente su Nature Communications ha evidenziato come l’ignorare le prove contro la propria posizione sia un processo particolarmente evidente quando i soggetti sono estremamente fiduciosi nelle proprie decisioni. Secondo la ricerca, elevati livelli di fiducia portano a una sorprendente modulazione dell’elaborazione neurale post-decisione, in modo tale che l’elaborazione delle prove a conferma della propria ipotesi viene amplificata, mentre l’elaborazione delle prove disconfirmatorie viene notevolmente ridotta, se non abolita. Se lo studio individua nell’eccessiva fiducia un elemento facilitatore della distorsione cognitiva provocata dal bias di conferma, è altrettanto vero che i processi metacognitivi, ovvero la capacità di essere consapevoli e riuscire a controllare i processi cognitivi, sono le armi di cui possiamo e dobbiamo dotarci per contrastare e limitare gli effetti di questa distorsione cognitiva di cui siamo vittime spesso senza rendercene conto (Rollwage et al. 2020).

Bibliografia

  1. Angner, E. (2017). Economia Comportamentale: Guida alla Teoria della Scelta. Hoepli.
  2. Del Vicario, M., A. Scala, G. Caldarelli, H. E. Stanley, and W. Quattrociocchi. (2017). Modeling Confirmation Bias and Polarization. Scientific Reports 7: 40391.
  3. Dutilh Novaes, C. (2018). The enduring enigma of reason. Mind & Language33(5), 513-524.
  4. Festinger, L. (1957). A Theory of Cognitive Dissonance. Palo Alto, CA: Stanford University Press.
  5. La Settimana del Cervello (2018). “Vedi che è come dico io? Il bias di conferma”. https://www.settimanadelcervello.it/bias-di-conferma/
  6. LaStampa (12 Novemnre 2020). “Negazionisti malati al Pronto soccorso di Vercelli: “Soffrono per il Covid, ma dicono che non esiste”. https://www.lastampa.it/topnews/edizioni-locali/vercelli/2020/11/12/news/la-responsabile-del-pronto-soccorso-di-vercelli-negazionisti-anche-tra-i-contagiati-che-soffrono-per-il-covid-1.39527892.
  7. Lord, C. G., Ross, L., & Lepper, M. R. (1979). Biased assimilation and attitude polarization: The effects of prior theories on subsequently considered evidence. Journal of personality and social psychology37(11), 2098.
  8. Michetti, F. (2020). “Fake news, ecco perché abbocchiamo (e come evitarlo)” in Agenda Digitale.eu. https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/fake-news-ecco-perche-abbocchiamo-e-come-evitarlo/.
  9. Nickerson, R. S. (1998). Confirmation bias: A ubiquitous phenomenon in many guises. Review of general psychology2(2), 175-220.
  10. Oswald, M. E., & Grosjean, S. (2004). Confirmation bias. Cognitive illusions: A handbook on fallacies and biases in thinking, judgement and memory, 79.
  11. Rollwage, M., Loosen, A., Hauser, T. U., Moran, R., Dolan, R. J., & Fleming, S. M. (2020). Confidence drives a neural confirmation bias. Nature communications11(1), 1-11.
  12. The Decision Lab. (2020). “Why we interpret information favoring our existing beliefs”. https://thedecisionlab.com/biases/confirmation-bias/?fbclid=IwAR2s-pclOsMUDvQrVsrsQsKGFRoOPSovEWFLaTyo374EoADPyVefCCc1e8Q

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