Rumore: un difetto del ragionamento umanoTempo di lettura stimato: 16 min

di Roberta De Cicco

Rumore: Un difetto del ragionamento umano” è il nuovo libro del premio Nobel per l’Economia Daniel Kahneman, scritto assieme a Olivier Sibony, professore e consulente specializzato in pensiero strategico e processi decisionali, e Cass R. Sunstein, giurista, docente presso la Harvard Law School e studioso della razionalità e dell’irrazionalità dei comportamenti economici, nonché co-autore insieme a Richard Thaler di Nudge. “Rumore” affronta, come da titolo, il concetto di rumore nei contesti decisionali.

Il seguente articolo non ha pretesa di voler recensire “Rumore”, tanto meno farne una disamina approfondita. Sarebbe infatti molto pretenzioso cercare riassumere le 524 pagine che compongono il testo in poco più di 2000 parole; pertanto, l’obiettivo sarà di proporre quelli che ritengo siano alcuni punti salienti e comprendere perché dovremmo avere questo libro a disposizione nella nostra cassetta degli attrezzi – altrimenti nota come libreria – personale.

La comunità scientifica non ha ancora prestato sufficiente attenzione al fenomeno rispetto ai ben più noti bias cognitivi, ad oggi protagonisti di centinaia di testi divulgativi e articoli scientifici.

Il rumore è un problema a cui viene dato molto meno risalto, spicca meno dei bias e, infatti, per spiegare giudizi inadeguati vengono spesso chiamati in causa questi ultimi: l’eccesso di fiducia, l’ancoraggio, l’avversione alle perdite, il bias della disponibilità e così via. Per riportare le parole degli autori, “il bias ha una sorta di fascino esplicativo che manca al rumore”. Solamente una visione statistica del mondo (cosa che però non ci viene naturale), ci permette di vedere il rumore, ma noi umani, si sa, preferiamo le narrazioni causali alla statistica.

Occorre ricordare che i bias psicologici sono sì una fonte di errore sistematico, ma in maniera meno scontata, sono anche una fonte di rumore: quando non sono condivisi da molti, quando sono presenti in diversa misura e quando i loro effetti dipendono da circostanze esterne, i bias generano rumore.

MA COS’ È IL RUMORE? IN CHE MODO DIFFERISCE DAL BIAS?

Sappiamo che esiste un bias quando, in un insieme di giudizi, la maggior parte degli errori va sistematicamente nella stessa direzione. Il bias non è che l’errore medio che, per riportare l’esempio citato nel libro, è ciò che emerge quando, nel giocare al tiro a segno, una squadra colpisce ripetutamente l’area in basso (o in alto) a sinistra (o destra) del bersaglio o quando i dirigenti sono eccessivamente ottimistici sulle previsioni di vendita. Eliminare il bias da un insieme di giudizi è possibile, o quantomeno ridurlo, quello che è difficile ridurre è invece il rumore.

Il rumore rappresenta invece l’inaffidabilità dello strumento di misurazione che applichiamo alla realtà, la divergenza non voluta nei giudizi che dovrebbero essere identici.

Proviamo a chiarire la differenza tra errore e bias proprio con l’esempio della gara di tiro a segno riportato nel libro.

Usando l'esempio delle freccette possiamo rappresentare il rumore come un team che manca il bersaglio posizionando le frecce in maniera sempre diversa. I bias sono invece colpi che mancano il cerchio rosso ma sono raggruppati in un punto.

La squadra A è precisa: i tiri dei compagni di squadra sono nel cerchio rosso centrale e vicini l’uno all’altro.

Le altre tre squadre sono imprecise ma in modi diversi:

La squadra B è soggetta a rumore: i tiri dei suoi membri si dispongono attorno al cerchio rosso centrale ma in maniera piuttosto sparpagliata.

La squadra C è soggetta a bias: i colpi hanno tutti mancato il cerchio rosso centrale ma sono raggruppati insieme in basso a destra.

La squadra D è soggetta sia a rumore che bias.

Un altro esempio che aiuta a comprendere la differenza tra bias e rumore è la bilancia presente nei bagni di moltissime case.

La bilancia ha un bias se il peso rilevato è generalmente o troppo alto o troppo basso: una bilancia che sottostima costantemente il peso reale di 2 kg esatti è affetta da bias ma priva di rumore.

(No, non accusate la vostra bilancia di bias e rumore se durante le feste natalizie avete fatto incetta di dolci).

Se il peso sembra dipendere da dove si poggiano i piedi, la bilancia è rumorosa, e ancora, una bilancia che restituisce pesi diversi a seconda di quante volte ci si pesa è rumorosa.

Ne consegue che molti errori di misurazione derivano da una combinazione di distorsione e rumore e vi sorprenderà (o forse no) sapere che la maggior parte delle bilance da bagno economiche sono poco soggette a bias e abbastanza rumorose.

La domanda lecita che sorge a questo punto è se sia più grave il problema del bias o del rumore.
La risposta non può essere data in termini assoluti, dipende dalla situazione. Quello che è certo e che contribuiscono entrambi al cosiddetto errore complessivo.

La variabilità indesiderata dei giudizi, quindi il rumore, è un fenomeno che si manifesta in varie occasioni e in molti contesti in cui sarebbe auspicabile avere un giudizio quanto più accurato e oggettivo, quali la medicina, le questioni giudiziarie, le previsioni finanziarie, le decisioni prese in azienda, persino la scienza forense.

A riassumere ciò, è il mantra ricorrente del libro:

“Dove c’è giudizio c’è rumore, e più di quanto non si pensi”

In qualsiasi tipo di giudizio umano esisterà, con buona probabilità, un certo grado di rumore, motivo per il quale, tanto quanto per i bias, è auspicabile una riduzione del rumore. Questa, infatti, è l’arma più potente che abbiamo a disposizione per poter migliorare la qualità dei nostri giudizi, arma, che gli autori definiscono “igiene decisionale”. Ovviamente, la variabilità nel giudizio non è sempre un problema, altrimenti non avrebbero dignità di esistere le opinioni, i pareri, le critiche cinematografiche. Nelle questioni di giudizio in senso stretto, però, il rumore sistematico (oltre che ovviamente il bias) è sempre un problema e vi sorprenderà sapere in quanti casi –davvero poco auspicabili e inaspettati – questo sia presente.

Dato che sorprendervi rientra tra gli obiettivi di questo articolo, procediamo con alcuni esempi.

CASI GIUDIZIARI

Alcuni studi hanno dimostrato che le decisioni dei giudici sono soggette a rumore. Per esempio, si è scoperto che i giudici sono più propensi a concedere la libertà condizionale all’inizio della giornata o subito dopo la pausa pranzo che non immediatamente prima di una pausa (un giudice affamato potrebbe essere più severo). Un altro studio condotto su migliaia di sentenze di tribunali minorili ha riscontrato che quando la squadra di football locale perde una partita nel fine settimana, il lunedì i giudici prendono decisioni più severe e che gli imputati di colore sono molto più penalizzati da questo incremento di severità.

Un altro studio ha analizzato un milione e mezzo di decisioni giudiziarie emesse nell’arco di 30 anni arrivando ad una conclusione analoga. L’analisi di 6 milioni di sentenze formulate da giudici francesi nell’arco di 12 anni ha dimostrato che questi sono più clementi con gli imputati nel giorno del loro compleanno (degli imputati), ma si sospetta che possa essere lo stesso anche per il compleanno dei giudici. Secondo un’altra indagine, i giudici potrebbero essere influenzati perfino da un fattore apparentemente irrilevante come la temperatura esterna.

SCIENZA FORENSE

Per decenni l’affidabilità delle analisi delle impronte digitali è rimasta indiscussa. Eppure, l’analisi forense delle impronte in realtà è soggetta ai bias psicologici degli esaminatori, che possono creare più rumore e quindi più errori di quanto si possa immaginare. Ne è un esempio il caso Mayfield.

Nel 2004 delle bombe piazzate su diversi treni regionali a Madrid provocò 192 morti e migliaia di feriti. Una impronta sospetta trovata sulla scena del crimine fu trasmessa alle forze dell’ordine di tutto il mondo e i laboratori forensi del FBI attribuirono tale impronta ad un cittadino americano: Brandon Mayfield. Il sospetto sembrava credibile, un ex ufficiale dell’esercito statunitense si era prima sposato con una donna egiziana e poi convertito all’Islam. L’uomo fu posto sotto sorveglianza, la sua abitazione fu perquisita e le sue chiamate intercettate. Non riuscendo a ottenere informazioni utili tramite questi controlli l’FBI lo arrestò nonostante la mancanza di un’accusa formale. Durante la custodia cautelare, però, gli investigatori spagnoli individuarono un altro sospettato e fu successivamente accertata la mancata corrispondenza tra le impronte digitali di Mayfield e quelle presenti sulla scena del crimine.

Dopo due settimane, Mayfield fu rilasciato e il governo americano, oltre che scusarsi, dovette pagare un risarcimento di 2 milioni di dollari. L’FBI ovviamente aprì un’indagine approfondita per scoprire le cause di quell’errore. Ebbene non si trattava di un problema metodologico o tecnologico ma di un errore umano.

Itiel Dror, neuroscienziato cognitivista dello University college di Londra fu tra i primi a domandarsi quanto rumore fosse presente nelle analisi delle impronte digitali. Si rese conto subito che l’esame delle impronte digitali era chiaramente una questione di giudizio e da buon neuroscienziato cognitivista sapeva dunque che dove c’è giudizio c’è rumore.

Per verificare questa ipotesi Dror si incaricò di una serie di studi e scoprì che gli esaminatori erano suscettibili di bias che derivavano dalle informazioni contestuali fornite. Gli esaminatori erano tutt’altro che immuni ai condizionamenti. Quando un esperto che aveva già espresso un giudizio entrava in possesso di informazioni aggiuntive condizionanti (magari con una certa forza o autorevolezza) spesso era tentato da rivalutare le stesse impronte digitali considerate in precedenza, specie davanti a decisioni difficili. Lo scienziato scoprì anche che gli esaminatori posti in un contesto affetto da bias non vedevano le stesse cose (in particolare osservavano un numero decisamente inferiore di dettagli) di chi non veniva esposto a informazioni condizionanti.

Per indicare l’impatto delle informazioni condizionanti a discapito delle informazioni reali contenute nelle impronte fu coniato il termine bias di conferma forense.

A discapito delle impronte digitali occorre sottolineare che tale bias è stato poi documentato in altre tecniche forensi quali l’analisi delle tracce ematiche, le indagini sugli incendi dolosi, l’analisi dei resti scheletrici e la patologia forense.

LA MEDICINA

Le cardiopatie sono la prima causa di morte negli Stati Uniti e l’angiografia coronarica è uno dei metodi principali per la rilevazione della cardiopatia. Benché possa apparire un esame piuttosto semplice e obiettivo, uno studio ha riscontrato un certo grado di variabilità nell’interpretazione delle angiografie: nel 31% dei casi tra i medici vi è un disaccordo sul fatto che in un grande vaso vi sia un’ostruzione superiore al 70%. Nel caso di endometriosi, solitamente accertata mediante laparoscopia, uno studio su 108 chirurghi ginecologi ha accertato un fortissimo disaccordo con deboli correlazioni sia rispetto al numero di casi di endometriosi che alla loro posizione.

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Ma passiamo ad un esempio ben più comune e alla portata di tutti. A quanti di voi sarà capitato di ricevere diagnosi o cure discordanti da due o più medici? Ogni volta che un secondo parere diverge dal primo si è in presenza di rumore. Tuttavia, il vero problema non è tanto la discrepanza per primo e il secondo parere, ovvero la presenza del rumore nella professione medica, quanto la sua pervasività.

La letteratura sul rumore nel campo della medicina è molto vasta. Non sorprende pertanto che, negli anni, in questo ambito si è cercato di contrastare o quantomeno ridurre il fenomeno. Un esempio sono le linee guida diagnostiche, la più celebre delle quali è forse l’indice di Apgar sviluppato nel 1952 dall’anestesista ostetrica Virginia Apgar che consentono di valutare il neonato sulla base di 5 parametri attraverso un punteggio che va da 0 a 2: il colorito della pelle, la frequenza cardiaca, i riflessi, il tono muscolare è l’attività respiratoria.

LA PSICHIATRIA

In termini di rumore, la psichiatria rappresenta un caso estremo, per questo la riduzione del rumore è una grande priorità in questo settore. Nel 1964 uno studio che coinvolgeva 91 pazienti e 10 psichiatri rilevò che la probabilità di trovare accordo tra due pareri clinici non superava il 57%, mentre sempre un altro studio dell’epoca condotto su 153 pazienti rilevò un accordo del 54%. Degno di nota era tra l’altro, il fatto che alcuni psichiatri risultavano inclini ad assegnare i pazienti a specifiche categorie diagnostiche e ciò si suppone fosse dovuto alla diversa scuola di pensiero, alla formazione, alle diverse esperienze cliniche e i diversi stili di colloquio che i clinici avevano.

In un campo in cui fare affidamento sui sintomi soggettivi del paziente, sull’interpretazione degli stessi da parte del clinico e sull’assenza di misure oggettive non potevano che germogliare i semi della discontinuità nell’affidabilità diagnostica dei disturbi psichiatrici, problema che, anche in questo caso, si è deciso di contrastare con la definizione di linee guida diagnostiche più standardizzate (DSM, manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali).

IL RUMORE STRUTTURALE E IL RUMORE DI LIVELLO

Pensiamo al caso di un docente il cui giudizio sul rendimento degli studenti è affetto da rumore. L’insegnante assegna ai suoi studenti il 50% delle volte un voto più generoso e l’altra metà delle volte un voto più tirato. Non possiamo di certo dire che il criterio di valutazione attribuisca in media un voto corretto; sarebbe lecito affermare invece che il docente è stato ingiusto il 100% delle volte. O ancora, se due criminali che dovrebbero essere condannati a cinque anni di reclusione per aver commesso un certo reato ne ricevono rispettivamente una condanna a tre anni è una a sette anni non possiamo dire che in media sia stata fatta giustizia.

In entrambi i casi non siamo davanti a semplici errori decisionali, ma ad una vera e propria ingiustizia sistemica.

È bene ricordare, infatti, che nei sistemi rumorosi, gli errori non si compensano, ma si sommano.

Il rumore sistemico comprende il rumore di livello e il rumore strutturale. Alcuni giudici sono generalmente più severi e altri più clementi, alcuni medici prescrivono antibiotici più spesso di altri, mentre alcuni analisti finanziari scommettono a rialzo e altri al ribasso nelle prospettive di mercato. Questi sono esempi di rumore di livello, ossia la variabilità dei giudizi medi formulati da individui diversi.
A prescindere dal livello medio dei loro giudizi, i giudici possono però avere idee diverse su quali siano i crimini che meritano le condanne più severe e le loro convinzioni e quindi decisioni producono quindi una diversa classificazione dei casi. Questo tipo di variabilità è definita rumore strutturale, ossia una fonte di rumore stabile che consiste nella differenza tra le reazioni personali e idiosincratiche dei decisori di fronte a una stessa situazione.

COME RIDURRE IL RUMORE

Come migliorare i propri i giudizi ed evitare di cadere in errore?

Le competenze specifiche, l’intelligenza e uno stile cognitivo definito come apertura mentale attiva sono validi alleati, esistono tuttavia delle strategie che possono aiutare e che gli autori elencano in una sorta di linee guida:

  • L’obiettivo del giudizio è l’accuratezza non l’espressione individuale, il giudizio non è la sede appropriata per esprimere la propria individualità.
  • Pensare in termini statistici e assumere la visione esterna del caso.
  • Strutturare i giudizi in diversi compiti indipendenti per evitare quello che viene chiamato eccesso di coerenza che porta a distorcere o escludere informazioni che non si inseriscono in una narrazione preesistente.
  • Resistere alle intuizioni premature.
  • Ottenere giudizi indipendenti da più valutatori per poi eventualmente aggregarli.
  • Preferire giudizi e scale relative.

Queste strategie per contrastare il rumore sono riunite dagli autori, come anticipato, sotto l’etichetta di “igiene decisionale”.

Il rumore è poco prevedibile e non facilmente visibile o spiegabile, perciò, spesso tendiamo a trascurarlo anche quando causa danni importanti. Per questo motivo il rapporto tra le strategie volte a ridurre il rumore e quelle volte a eliminare i bias è paragonabile a quello che accade con le misure di igiene o con un trattamento medico. L’obiettivo è prevenire una serie imprecisata di potenziali errori prima del loro verificarsi.

Difatti come quando laviamo le mani non sappiamo di preciso quali germi stiamo evitando sappiamo solo che farlo è una buona prevenzione contro vari germi (e non solo durante una pandemia). Analogamente seguire dei principi di igiene decisionale significa adottare tecniche che permettono di ridurre il rumore senza neanche sapere quali errori si stia contribuendo ad evitare. Il rumore è un nemico invisibile e prevenire l’attacco di un nemico invisibile non porterà che ha una vittoria invisibile. Tuttavia, visti i danni e le ripercussioni che può causare rumore vale comunque la pena cercare di combatterlo.

Gli autori del libro "Rumore": Oliver Sibony, Daniel Kahneman e Cass Sunstein.
Gli autori: da sinistra Olivier Sibony, Daniel Kahneman e Cass R. Sunstein.

L’autore

Roberta De Cicco

Roberta De Cicco, editor e contributor del blog economiacomportamentale.it, ha un dottorato di ricerca in Business & Behavioural Sciences. Si occupa di rircerca nell’ambito del marketing conversazionale e del native advertising ed è docente del corso marketing automation presso la Católica Porto Business School.

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Bibliografia:

Kahneman, D., Sibony, O., & Sunstein, C. R. (2021). Rumore: Un difetto del ragionamento umano. UTET. (Traduzione di Eleonora Gallitelli).

Kahneman D., Rosenfield A.M., Gandhi L., & Blaser T. (2016) Noise: How to Overcome the High, Hidden Cost of Inconsistent Decision Making. Harvard Business Review

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