Economia circolare e pensiero sistemicoTempo di lettura stimato: 6 min

di Eleonora Maglia

Può il pensiero sistemico aiutarci a vedere gli asset già esistenti come future opportunità? Cosa significa “ragionare per sistemi” e in che modo l’intuizione può spronarci al riuso? Eleonora Maglia ci racconta gli obiettivi del nuovo paradigma dell’Economica Circolare, ponendo particolare attenzione ai limiti dovuti dalle trappole cognitive ma, soprattutto, a come sfuggirne.

Economia Circolare: come può essere utile allo sviluppo sostenibile?

Con il termine “Economia circolare” ci si riferisce ad un modello economico pianificato in modo tale che i materiali vengano ri-utilizzati nei cicli produttivi successivi, riducendo così le risorse complessivamente utilizzate e minimizzando gli scarti. L’obiettivo di questo nuovo paradigma è complessivamente la valorizzazione dell’efficienza nelle scelte energetiche e nell’utilizzo delle risorse, tramite un’applicazione attenta anche alle ricadute socio-economico-ambientali.

La transizione verso un tipo di uso non lineare dei beni è un obiettivo prioritario della strategia europea Horizon 2020 e nel 2018 la Commissione Europea ha introdotto in tema un Pacchetto normativo di quattro Direttive per realizzare un maggior riciclo e riutilizzo e una riduzione degli sprechi, con ricadute positive per la salute, l’ambiente e l’economica. In Italia, i principi della green economy e dello sviluppo sostenibile sono parte dell’ordinamento (con la legge di stabilità 2016) e sono sostenuti tramite incentivi fiscali (introdotti nel la legge di bilancio 2018).

Economia Circolare
Economia Circolare, foto da ShutterStock/BsWei

Le stime relative all’applicazione della Economia circolare di McKinsey Center for Business, Enviroment e The Ellen MacArthur Foundation (2015) mostrano effetti concreti in termini di vantaggio competitivo e di produttività, nell’ordine rispettivamente di 1.800 miliardi di euro e 3% annui solo in Europa. Inoltre, la Commissione europea (2014) prevede significativi incrementi dell’occupazione, con 600.000 nuovi posti di lavoro e, alla luce di ciò, la Commissione europea stessa è fattivamente impegnata ad agevolare percorsi di crescita economica sostenibile, sia attraverso normative (come la comunicazione al Parlamento COM, 2014, 398 final e la proposta di una nuova Direttiva di rilevanza ambientale) che finanziamenti (tra cui 650 milioni di euro provenienti da Horizon 2020 e 5,5 miliardi di fondi strutturali).

zero waste
Zero Waste, foto da ShutterStock/chris_tina

Tra i Paesi membri più attivi nel favorire percorsi di Economia circolare, si distinguono Olanda e Francia. Qui, è forte la valorizzazione delle best practices territoriali che aumentano l’offerta e la domanda di articoli riciclati di alta qualità e la raccolta innovativa. In Italia, invece, lo strumento di ingaggio delle imprese ad oggi più significativo è il Circular Economy Standard, che si avvale di questionari per valutare il grado di circolarità delle aziende e diffonderne i principi in modo differenziato per i segmenti della produzione, dei servizi e della distribuzione. In più, per tentare di mettere in rete le imprese e le associazioni italiane orientate a realizzare prodotti e processi virtuosi ad alto valore sociale e territoriale è stata recentemente attivata una piattaforma web interattiva (l’Atlante di Economia circolare). Lo scopo di questa iniziativa è incrementare le connessioni e le possibilità di azioni sinergiche, grazie ad una mappatura dei progetti  italiani che viene costantemente aggiornata. Il progetto è ideato e realizzato da un network multi-stakeholder, cui partecipano soggetti dal differente know-how (come il Politecnico di Milano e Banca Popolare Etica), che offrono supporto scientifico per la validazione delle best practices e realizzano attività di sponsorizzazione e finanziamento.

Qual è il modello di pensiero alla base dell’economia circolare?

La circolarità del paradigma illustrato si fonda sostanzialmente sull’ipotesi (dimostrata poi dall’evidenza illustrata anche nel finale dell’articolo) sia possibile creare delle filiere trasversali, secondo una sequenza ricorsiva del tipo:

< produzione → vendita/noleggio → acquisto/pay per use → 
utilizzo → ritiro →  rigenerazione →   vendita/noleggio  [...] >

Tutto ciò coerentemente con l’assunto postulato da Ackoff (1979), secondo cui i manager nel programmare e realizzare la gestione aziendale si confrontano con situazioni dinamiche e in continua e mutua interazione.

Qual è la logica alla base di questo approccio? Ragionevolmente si può ascrivere al pensiero sistemico (Meadows, 2008), dato che le soluzioni di Economia circolare richiedono appunto di osservare gli asset esistenti e vedere in essi nuove opportunità. Ragionare per sistemi significa infatti considerare i diversi elementi di un insieme come interconnessi e partire dalle influenze individuate per imprimere una nuova direzione all’insieme stesso (i comportamenti caratteristici o archetipi di un sistema possono essere trasformati!). Si tratta di un’evidenza confortante (abbiamo le soluzioni già nelle nostre mani!) che sprona alla responsabilità personale e al coraggio (lavoriamo su qualcosa di cui non sappiamo granché a priori) ed è complessivamente quindi molto sfidante. Come si fa ad usare le nostre intuizioni per fare la differenza?

  • FASE 1, affinare le nostre capacità di capire le parti;
  • FASE 2, vedere le interconnessioni;
  • FASE 3, porci domande del tipo “cosa succede se..” riguardo a possibili comportamenti futuri;
  • FASE 4, essere intraprendenti e creativi nella ri-progettazione di un sistema.

Dunque è facile? Non proprio, posto che come ha argomentato Simon (1972), siamo esseri umani e prendiamo le nostre decisioni in base alle informazioni disponibili (non sempre perfette) e a capacità cognitive non assolute, in tempi comunque ristretti. La nostra razionalità è così di fatto limitata, ma sapendo ciò e tenendone conto possiamo allenarci ad ampliare i nostri orizzonti, a cambiare punto di osservazione ed iniziare così a sviluppare una visione d’insieme. Dalle trappole (cognitive) esiste anche una via di fuga. Ad esempio, in caso di beni comuni, la deriva che si riscontra usualmente è il sovra-utilizzo fino all’indisponibilità totale, ma portando gli utilizzatori a comprendere le conseguenze dell’abuso si può assicurare un accesso nel lungo periodo per tutti. È anche evidente che le risorse sono complessivamente scarse e ciò produce una certa resistenza a cambiamenti nelle destinazioni degli stock, ma informando opportunamente tutti gli attori economici coinvolti dei benefici attesi si può arrivare anche a compromessi generalmente accettati.

Il mondo è non-lineare, punto. Ci sono ritardi, i confini non sono definiti e tentare di costruire una linearità non è una buona idea, perché raramente è fattibile. Vero, allora per realizzare un livello di chiarezza e di organizzazione ragionevolmente possibile, invece di lasciarci sorprendere possiamo allenarci ad aspettarci e utilizzare la complessità a nostro vantaggio. Ma è davvero possibile? Sì, guardando il mondo e ragionando in modo differente e grazie alla capacità di visione futura alternativa. Come mostrano i numerosi casi di studio di esempi virtuosi di Economia circolare, ad esempio i torsoli di mela possono diventare block notes e le bucce d’arancia foulard: questo è quanto effettivamente succede, grazie alle sperimentazioni delle start up Frumat a Bolzano e Orange Fiber a Catania. Le cose cambiano semplicemente iniziando a cambiare il modo in cui le vediamo: i problemi possono divenire opportunità e le rimanenze possono essere il punto di partenza per altro.

Riferimenti bibliografici

  1. Ackoff  R., 1979, The Future of Operational Research Is Past, Journal of the Operational Research Society, 30, 2
  2. Commissione europea, 2014, Verso un’economia circolare: programma per un’Europa a zero rifiuti, Bruxelles
  3. McKinsley Center for Business, Environment and The Ellen MacArthur Foundation, 2015, Growth within: A circular economy vision for a competitive Europe
  4. Meadows D. H., 2008, Thinking in Systems, Sustainability Institute
  5. Simon H. A., 1972, Theories of Bounded Rationality

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