Nudge: la spinta gentileTempo di lettura stimato: 11 min

di Serena Iacobucci

Quello del nudge è uno dei temi più attuali e affascinanti dell’economia comportamentale. Questa fama ha un risvolto positivo ed uno negativo: la teoria del nudge è diventata estremamente pop in brevissimo tempo e – di conseguenza – questo termine viene spesso abusato e utilizzato in modi non proprio precisi.

In questo articolo proveremo a raccontarvi come e perché l’economia comportamentale sta entrando sempre più spesso nella nostra quotidianità proprio grazie alla teoria del nudge, cercando di non perdere mai di vista la definizione di “nudge da manuale“:

Un nudge è “ogni aspetto nell’architettura delle scelte che altera il comportamento delle persone in modo prevedibile senza proibire la scelta di altre opzioni e senza cambiare in maniera significativa i loro incentivi economici. Per contare come un mero pungolo, l’intervento dovrebbe essere facile e poco costoso da evitare. I pungoli non sono ordini.” (Thaler & Sunstein, 2018).

Possiamo quindi iniziare dicendo che un nudge, da definizione:
– ha come obiettivo quello di modificare un cambiamento in maniera prevedibile, quindi nella direzione desiderata. Per farlo, è ovviamente necessario che il nudge venga testato in maniera sperimentale e controllata e che ci sia quindi un’evidenza empirica del suo funzionamento. Il nudge non ha come obiettivo quello di cambiare opinioni ed atteggiamenti (e non ne avrebbe nemmeno il potere, trattandosi di un minimo intervento contestuale o ambientale);
– deve essere facilmente evitabile, non entrando quindi in conflitto con la libertà individuale;
non prevede una ricompensa economica né un incentivo, neppure sotto forma di premio o regalo;
non prevede una punizione o un divieto;
non sta promuovendo un acquisto (altrimenti è una semplice promozione, e quindi marketing. Quando un in intervento di nudge viene usato per questi scopi, si parla di sludge);
– ha come obiettivo quello di spingere le persone a scegliere meglio, salvaguardando quindi la loro salute e, come fine ultimo, migliorando il benessere collettivo.

To nudge: la spinta gentile

Ma partiamo da un po’ di etimologia: to nudge, in inglese, è un verbo che sta a indicare il dare una piccola, leggera e gentile spinta. La celeberrima e rappresentativa immagine (e probabilmente la più dolce) che ci aiuta a riassumere questo concetto, è quella dell’animale adulto che dà una piccola spinta al proprio cucciolo per aiutarlo a superare un ostacolo o a buttarsi in un’esperienza che lo spaventa.

spinta gentile

Il nudge nasce proprio così, con l’intento di far leva sui bias cognitivi (ovvero gli errori sistematici di giudizio in cui incorriamo quando come conseguenza dell’applicazione di un’euristica) per indurre e persuadere gli individui a modificare il proprio comportamento, in maniera prevedibile e non coercitiva.

Il termine persuasione, nell’uso comune, assume spesso una connotazione negativa, anche a causa dell’associazione spontanea con il termine “manipolazione”.

Anche se la tanto temuta persuasione occulta non esiste (e ve ne abbiamo parlato qui) – ci sono degli storici casi di persuasione a fini commerciali che introducono bene il concetto di nudge, come quello del “Plop, Plop, Fizz, Fizz” di Alka Seltzer, e che purtroppo ne vanno spesso a minare l’immagine.

I vertici dell’azienda Alka Seltzer, già nei lontani anni ’70 e quindi ben prima della nascita dell’economia comportamentale, si rivolsero ad uno psicologo per aumentare le vendite delle proprie compresse effervescenti.

L’idea fu semplice e geniale allo stesso tempo e potete vederla in questo breve spot commerciale. La pubblicità mostra un bicchiere con due pasticche al posto di una, suggerendo implicitamente che quella è la quantità di anti-acido effervescente Alka-Seltzer da utilizzare, e non una sola com’era prassi comunque fino a quel momento.

Le vendite raddoppiarono perché le persone iniziarono a consumare pasticche alla volta, spinte anche dal ritornello “Plop plop, fizz fizz” – che richiamava la doppia gestualità anche a livello sensoriale e mnemonico.

Tante altre discipline, insomma, come il marketing, la comunicazione pubblicitaria o quella politica, avevano già sfruttato i bias cognitivi,  la nostra innata irrazionalità, i difetti, l’ingenuità e la scarsa o limitata attenzione dell’essere umano per scopi di lucro, ben prima dell’arrivo della teoria del nudge.

Il nudging, al contrario, si propone di ribaltare questo paradigma ed ha i solo obiettivo di utilizzare l’architettura delle scelte in maniera etica, positiva e a beneficio della società. 

Il nudge, in linea teorica, nasce dall’unione di due termini apparentemente opposti ed ossimorici: libertarismo e paternalismo. Mentre il primo sottolinea il diritto alla totale libertà di decisione dell’individuo, il secondo termine allude a una società che vincola gli individui a regole e schemi decisionali imposti e predefiniti (si pensi al codice stradale).

Con il termine paternalismo libertario, invece, gli ideatori della teoria del nudge, Thaler  e Sunstein, creano un compromesso tra questi due poli opposti: una leggera spinta verso un comportamento più corretto, sano e che va a beneficio dell’individuo e della società può essere considerato come lesivo della nostra libertà individuale? Una leggera modifica dell’architettura della scelta, infatti, non è equiparabile a una limitazione della libertà: il soggetto ha a disposizione le stesse alternative, non ci sono divieti né privazioni imposti dall’alto, bensì solo piccoli pungoli che stimolano a prendere una decisione più auspicabile, altrimenti ignorata a causa dei naturali limiti della razionalità umana.

Sono tanti gli esempi in cui le tecniche di nudging hanno effettivamente portato a dei risultati positivi e soddisfacenti. Un simpatico e noto esempio è sicuramente quello della mosca negli orinatoi pubblici maschili nell’aeroporto di Amsterdam-Schiphol.

Facendo leva sull’istinto innato di “fare centro”, la mosca ha aiutato lo staff dell’aeroporto a ridurre notevolmente (dell’80%) i comportamenti poco igienici e indesiderati da parte degli utilizzatori.

mosca nell'orinatoio

Questo esempio, seppur divertente e rappresentativo, non pone abbastanza enfasi sull’effetto positivo che l’applicazione del nudging può avere a livello sociale e per l’intera comunità. Sono molte le storie di successo nate grazie alla spinta gentile: dalle frecce verdi che ci indicano i cibi sani nei supermercati e ci spingono ad acquistare più frutta e verdura, alle orme di piedi dipinte a terra per i marciapiedi di Copenaghen che ci conducono ai cestini della spazzatura, riducendo la quantità di cartacce buttate a terra, fino ai gradini musicali che disincentivano l’uso delle scale mobili e invitano i cittadini a muoversi di più.

scala pianoforte
Ma qual è il grande segreto del nudging? E perché funziona? 

Nel suo libro Pensieri lenti e veloci, Daniel Kahneman ci insegna che esistono due sistemi: il sistema 1, automatico, veloce e involontario, ed il sistema 2, più razionale e riflessivo. Il primo ci permette, ad esempio, di riconoscere ed evitare una situazione di pericolo di fronte a un cane dall’espressione minacciosa mentre il secondo ci permette di risolvere un calcolo matematico complesso.

Com’è intuibile, il secondo sistema, sebbene più razionale, richiede molti più sforzi cognitivi ai quali l’essere umano non è istintivamente portato. Basti pensare al nostro esempio di Alka Seltzer: il sistema 1 collega immediatamente il prodotto alla canzoncina, facendoci versare due compresse di medicinale nel bicchiere. Quanto sforzo cognitivo in più avrebbe richiesto aprire il foglietto illustrativo e attivare il sistema 2?

Fare leva sul sistema 1, sulla mindlessness e sull’automatismo può aiutarci a incentivare i comportamenti desiderati più di un divieto, una multa, o un imperativo a non fare qualcosa.

Il dibattito è aperto e – ovviamente – non tutti sono dello stesso avviso.
Molti interventi di nudge in diversi ambiti si sono rivelati fallimentari e molto spesso gli studi di replicazione hanno dimostrato la loro inefficacia, in particolare nel determinare effetti a lungo termine (e.s. Dewles 2021), come spiega bene l’articolo apparso su Nature intitolato “Nudges that don’t Nudge“.

Certamente, per cambiare un comportamento c’è bisogno che anche attitudini e atteggiamenti cambino, aiutandoci a sedimentare e quindi a stabilizzare nuove abitudini (in questo caso, migliori).

Cioè avviene solamente se i comportamenti virtuosi vengono opportunamente e costantemente rinforzati. L’economia comportamentale ci insegna che non siamo individui razionali e l’architettura delle nostre scelte è tutt’altro che lineare. Sfruttare questi piccoli difetti cognitivi a nostro favore e renderli funzionali al nostro benessere (e a quello della società) è sicuramente una via da percorrere, visti i grandi successi riscossi dalle strategie di nudge in molti casi.

Il dibattito continua, con forme sempre più ibride di nudge, che si allontanano dalla sua definizione pura ma che permettono, ad esempio, di includere piccoli interventi di literacy, con l’obiettivo di educare a lungo termine sulle motivazioni per cui dovremmo compiere una scelta piuttosto che un’altra, piuttosto che indurci a compierla in maniera completamente automatica e inconscia.


Vuoi ricevere altri contenuti come questo direttamente nella tua mail?
Iscriviti al form in basso, ti manderemo un articolo al mese – fresco di editing e non una mail in più.

Iscriviti alla newsletter del nostro Blog

* indicates required

Per saperne di più, ecco un paio di suggerimenti bibliografici sull’argomento:

  1. Thaler, R. & Sunstein, C. (2009). Nudge: La spinta gentile. Milano: Giacomo Feltrinelli Editore.
  2. Kahneman D. (2012), Thinking Fast and Slow, Londra: Penguin Books, Londra; trad. it. di L. Serra, Pensieri lenti e veloci, Milano: Oscar Mondadori

Per una critica della teoria del nudge:

Gigerenzer, G. (2015). Imparare a rischiare: come prendere decisioni giuste. Raffaello Cortina.

Gigerenzer, G. (2015). On the supposed evidence for libertarian paternalism. Review of philosophy and psychology6(3), 361-383.

Siti web:
http://www.cresa.eu/
https://www.krukow.net/

Paper:
Thaler, Richard H.; Sunstein, Cass R.; Balz, John P. (2013). Shafir, Eldar, ed. The Behavioral Foundations of Public Policy. Princeton, New Jersey: Princeton University Press. pp. 428–39.

Dewies, M., Schop-Etman, A., Rohde, K. I., & Denktaş, S. (2021). Nudging is ineffective when attitudes are unsupportive: An example from a natural field experiment. Basic and Applied Social Psychology43(4), 213-225.

Nudges that don’t nudge. Nat Hum Behav 4, 121 (2020). https://doi.org/10.1038/s41562-020-0832-y

YouTube:

  1. A nudge summary in 2 minutes: https://www.youtube.com/watch?v=QzGk_1Zjr14
  2. Nudge, the Animation: Helping people make better choices https://www.youtube.com/watch?v=jsy1E3ckxlM
  3. Thinking Fast And Slow | Daniel Kahneman | Animated Book Summary: https://www.youtube.com/watch?v=tiyTYGY5X3Y

L’autrice

Serena Iacobucci è dottoressa di Ricerca in Business & Behavioural Sciences ed attualmente Editorial Outreach Specialist per Frontiers, casa editrice svizzera di riviste scientifiche open-access. Ex ricercatrice post-doc e cultrice della materia in Economia e Finanza Comportamentale, si è occupata di consulenza e ricerca in Linguistica e Comunicazione Digitale ed è Content & Digital Strategist per lo spin-off Umana-Analytics. Serena è la Co-Editor in Chief e responsabile della comunicazione di EconomiaComportamentale.it, editor associata e responsabile della comunicazione digitale di InMind Italia – una rivista trimestrale dedicata alla psicologia sociale – e Social Media Officer dell’Associazione Internazionale per la ricerca in Psicologia Economica (IAREP – International Association for Research in Economic Psychology).

4 commenti

Lascia un commento